Durante una conferenza in cui ho fatto un intervento sull’alimentazione
vegetariana mi sono reso conto che per la gente è difficile pensare agli
allevamenti intensivi. Con questo intendo dire che non siamo abituati a vedere
realtà come quella degli allevamenti intensivi perché accuratamente nascoste al
pubblico. Come riporta Margherita Hack nel suo libro “Perché sono vegetariana”,
se gli allevamenti intensivi avessero le pareti di vetro e fossero in centro
città, nessuno mangerebbe più carne. I produttori di pollame, ovini e suini
sulle confezioni mettono le ovvie immagini di animali che beccano e pascolano
beati sui monti, in estese e assolate pianure. Quell’immagine idilliaca è alla
stregua delle illustrazioni nei libri di fiabe, perché la realtà è che la
maggior parte degli allevamenti è di tipo intensivo.
Il contenitore di polistirolo in cui le nostre belle fette
di prosciutto sono vendute ci fa dimenticare che la carne di cui stiamo
parlando è appartenuta non ad un intero prosciutto, bensì ad un essere vivente,
che come noi ha emozioni, paura e sensazioni di dolore. C’è tutto un filone di
pensiero per il quale gli animali sono divisi a seconda della loro
intelligenza; sorvolando sulla mancanza di etica nascosta in una tale affermazione,
bisogna sottolineare che la capacità degli animali di interagire con noi umani
dipende anche dal tempo che passiamo con loro e dall’affetto che trasmettiamo:
una mucca che vive in una stalla non sarà mai comunicativa come un cucciolo di
cane che alleviamo in casa come un figlio. La mucca ci appare stupida, non
reattiva e così questi animali sono considerati prodotti, non esseri viventi,
anche da noi consumatori, perché l’abitudine e la pubblicità ci hanno insegnato
così, fin da piccoli. Ma per arrivare a essere un prodotto vendibile, quel
pezzo di muscolo è nato e cresciuto su di un essere vivere. E in quali
condizioni? Molti video su youtube documentano queste condizioni.
Cosa significa “allevamento intensivo”?
Significa che, lì
dove un tempo c’era spazio sufficiente per 12 maiali,
si è “ottimizzato” lo
spazio per poter far starci quanti più animali possibile (immagini tratte dal
documentario Meatrix).
Questo va ovviamente a discapito del benessere dell’animale:
pochissimo spazio a disposizione, condizioni innaturali senza movimento né luce
solare.
Il maiale per noi è un animale notoriamente sporco e dai dubbi gusti
alimentari ed igienici. Di solito ce lo raffiguriamo sotto forma di un bel
salame. In realtà questo animale nasce in una bella famigliola, viene allattato
dalla mamma, cresce e vive per circa venti anni. Secondo gli etologi, ha
un’intelligenza pari a quella di cani e gatti.
Il maialino che nasce in un allevamento intensivo viene invece separato dalla madre, vive in un allevamento intensivo in queste condizione.
Secondo ricerche scientifiche sul comportamento, le scrofe diventano folli a causa dell’imprigionamento. A soli quattro anni viene ucciso per farne prosciutti. Come se un ragazzo fosse ucciso a 20 anni.
Potremmo parlare anche della mucca da latte, selezionata geneticamente
per avere mammelle enormi, doloranti, che le rendono difficile camminare e le
provocano malattie come le mastiti. Ricordiamo ancora la sindrome della mucca
pazza, esplosa in quanto negli allevamenti intensivi si dava da mangiare alle
mucche… la carne di altre mucche.
Quanto vive una gallina? In natura, una gallina vive fino a 10 anni, con una vita emotiva ricca e complessa, facendo bagni di sole e di terra indispensabili per la loro igiene e salute. Avendo a disposizione abbastanza spazio per fare movimento e favorire una crescita naturale del muscolo.
In un allevamento intensivo vivono massimo 2 anni, viene loro tagliato il becco perché non feriscano le altre galline, in quanto, chiuse in capannoni industriali illuminati da luce artificiale o ammassati in gabbie minuscole, diventano aggressive. E riflettiamo su una cosa: per ogni gallina ovaiola, un pulcino maschio è stato ucciso perché inutile. Al suo cugino, pollo da carne, non va meglio: quello che mangiamo a pranzo non è altro che un pulcino di un mese e mezzo (15 anni) ingozzato per triplicare il suo peso nel minor tempo possibile.
In un allevamento intensivo vivono massimo 2 anni, viene loro tagliato il becco perché non feriscano le altre galline, in quanto, chiuse in capannoni industriali illuminati da luce artificiale o ammassati in gabbie minuscole, diventano aggressive. E riflettiamo su una cosa: per ogni gallina ovaiola, un pulcino maschio è stato ucciso perché inutile. Al suo cugino, pollo da carne, non va meglio: quello che mangiamo a pranzo non è altro che un pulcino di un mese e mezzo (15 anni) ingozzato per triplicare il suo peso nel minor tempo possibile.
Sulla sinistra abbiamo un pollo biologico, cresciuto come in natura. A destra, un pollo per come esce da un allevamento intensivo.
Entrambi hanno solo 60gg di vita. La differenza di aspetto è peso è indicativa di come sono cresciuti e nutriti.
Questi animali sono trattati non come esseri viventi ma come macchine
di trasformazione: il loro carburante è una merce a costo noto (i mangimi) da
cui producono un’altra merce (la carne) il cui prezzo deve essere il più
remunerativo possibile per l’allevatore, dunque le spese di allevamento devono
essere contratte al minimo.
Un altro aspetto importantissimo è l'emergenza sanitaria degli allevamenti intensivi.
Secondo il referente nazionale per il controllo delle resistenze
antibiotiche degli allevamenti industriali, questo tipo di allevamento aumenta
la possibilità che l’animale si ammali e l’altissima densità fa diffondere la
malattia in modo esponenziale; di conseguenza, si usano gli antibiotici per
evitare le malattie ma anche perché hanno un effetto positivo nella crescita
dell’animale. Ma l’uso prolungato a basso dosaggio di antibiotici favorisce
l’insorgere di resistenze. In Europa questo uso ormai è vietato, ma in Italia non
si sa quanti antibiotici vengono utilizzati, non lo sa neppure l’Istituto
Superiore di Sanità: eventuali sovradosaggi e abusi sono quindi sconosciuti.
Questo sta creando ceppi di batteri resistenti agli antibiotici e se questi
ceppi raggiungono l’uomo, gli antibiotici sono ormai inutili.
53 miliardi di esseri viventi ogni anno nascono, vivono, sono
alimentati con cibi che in natura non mangerebbero, sono trasportati anche per
giorni interi stipati in container dove scarseggiano spazio, aria e acqua.
Ebbene, che razza di carne producono? Quanto salutari sono il latte, i formaggi,
le uova e la carne di questi animali? E' una domanda che dobbiamo porci se abbiamo
a cuore anche solo la nostra salute.
Riferimenti:
LAV (2012). I costi reali del ciclo di produzione della carne.
M. Hack (20120). Perché sono vegetariana. Dell'Altana, Roma.
http://www.oltrelaspecie.org/download/la-realta-negli-allevamenti-intensivi.pdf
http://www.ilcambiamento.it/animali/cattivita/
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