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21.11.12
Pizza senza glutine
Questo post è una sorta di "antipasto" all'approfondimento che farò nei prossimi giorni sul glutine, perché è così diffuso e per certi versi insostituibile, quando è pericoloso e quanto è dannoso. Per adesso, dico solo in generale che il glutine si forma quando aggiungiamo acqua alla farina di alcuni cereali quali frumento, farro, segale, farro, kamut e orzo. Il glutine rende l'impasto colloso e modellabile e dunque adatto a creare molte basi per ricette che tutti conosciamo, a partire dalla pasta.
Oggi ho provato a realizzare una pizza senza glutine. La ricetta l'ho creata prendendo spunto da internet ma personalizzandola. Ho utilizzato i seguenti ingredienti che ho semplicemente unito tutti insieme:
300 g. di fecola di patate
200 g. di farina di soia
una bustina di lievito
40 ml di acqua
1 pizzico di zucchero
5 cucchiai di olio
sale ed eventuali altre spezie
L'assenza del glutine rende l'impasto piuttosto farinoso. Questo significa che se lo dividete in due si spezzerà lasciando delle briciole, differentemente dagli impasti con farina di grano, per esempio, che si allungano proprio per la presenza del glutine. Tuttavia l'olio aiuterà ad amalgamare il tutto e renderà anche meno secco il risultato dopo la cottura.
Dopo aver impastato e formato una bella palla, l'ho lasciato lievitare per un'ora. Dopo di che ho rivestito una teglia con della cartaforno e ho schiacciato l'impasto sopra. La cottura è stata di circa 25 minuti in forno a 250° C. (230 se ventilato) già caldo.
Inutile dire che il sapore è diverso, così come la consistenza. Ma se si aggiunge un po' più di olio si può avere un impasto un po' più simile alla focaccia, a gusto personale. Ricoperto con peperoni soffritti con cipolla e olio e con l'aggiunta all'ultimo momento di salsa di pomodoro, ho molto apprezzato. Volendo creare una ricetta anche vegana non ho aggiunto formaggi. Ma credo che la mozzarella aiuti a mantenere il tutto più morbido.
Una precisazione: la farina di soia tende a scurire, dunque non pensate che la pizza si stia bruciando in forno!
Ai seguenti link potete trovare le tabelle di composizione della fecola di patate e della farina di soia.
7.11.12
Mindfulness: meditazione di consapevolezza
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“Mindfulness” è una parola che senza dubbio avrete sentito o letto molto
spesso. È infatti una tecnica molto in auge in questo periodo. Nel corso dei
miei studi ho approfondito gli effetti positivi della mindfulness soprattutto
in ambito ospedaliero, per esempio nel caso di pazienti con un attacco di
panico o ansia.
Ma vediamo più in particolare di cosa stiamo parlando. La cosiddetta “meditazione
di consapevolezza” aiuta le persone a ridurre il ricorso a strategie cognitive
e comportamentali tese ad evitare, in maniera disfunzionale, aspetti
dell’esperienza ritenuti indesiderabili (Kabat-Zinn, 2005). Una conseguenza della
mindfulness è proprio comprendere che i pensieri, le sensazioni e le emozioni
sono continuamente fluttuanti, transitori. In questo senso, anche il dolore, le
attivazioni fisiologiche dell’ansia o dell’attacco di panico non sono immutabili
o permanenti.
È stato verificato che il programma Mindfull-based Stress Reduction (MBSR)
è associato a numerose conseguenze a livello biologico (cervello e sistema
immunitario) rilevanti per la salute psico-fisica: riduce la frequenza degli
attacchi di panico e del comportamento evitante nel disturbo da attacchi di
panico (Miller, Fletcher, Zabat-Zinn, 1995); riduce lo stress e migliora il
benessere emotivo in campioni non clinici (Shapiro, Shwartz, Bonner, 1998;
William Kolar, Reger, Pearson, 2001); in pazienti con malattia cronica migliora
l’alterazione dell’umore e, in particolare, nelle sotto-scale di depressione,
ansia e rabbia (Speca, Carlson, Goodey, Angen, 2000).
Un’osservazione continuativa e non giudicante delle sensazioni correlate
all’ansia, senza mettere in atto tentativi di fuga o comportamenti di
evitamento, può ridurre la reattività emotiva tipicamente sollecitata da
sintomi ansiosi: sono solo pensieri e non il rispecchiamento fedele della
realtà. Quindi non sono necessari comportamenti di fuga o di evitamento.
In due ricerche di quest’anno (Fox, Zakarauskas, Dixon, Ellamil,
Thompson, Christoff, 2012; Murakami, Nakao, Matsunaga, Kasuya, Shinoda, Yamada,
Ohira, 2012.) sono stati osservati degli effetti molto particolari della
mindfulness: le persone che da tempo hanno esperienza di mindfulness hanno un’immagine
più accurata del proprio corpo e riescono a percepire con più precisione le sensazioni
provenienti dalle varie parti del corpo rispetto ai neofiti di questa tecnica o
chi non ne ha mai fatto esperienza; inoltre, ci sono stati dei cambiamenti
strutturali misurabili nei loro cervelli.
Ho sperimentato la tecnica della mindfulness in occasione del Corso di
mindfulness esperienziale tenuto presso l’Istituto A.T.Beck (Roma) dalla
dott.ssa Antonella Montano, direttrice dell’istituto. Il corso era strutturato
in 4 incontri mensili a cadenza settimanale della durata di 2 ore ciascuno.
Le lezioni si tenevano in una stanza tranquilla e silenziosa, con luce
soffusa, nella quale erano disponibili diversi cuscini su cui sedersi in ordine
sparso. La dott.ssa Montano ci ha spiegato le origini della mindfulness
all’interno della dottrina buddhista e, in particolare, la pratica vipassana (chiara visione) che mira a
sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali.
Ci ha inoltre illustrato le applicazioni della mindfulness nella psicoterapia
cognitivo-comportamentale con la creazione della Mindfulness-Based Cognitive
Therapy (MBCT), il cui approccio consiste in una modificazione del protocollo
MBSR: si apprende a cambiare l’atteggiamento di base verso il flusso di
pensieri, indipendentemente da quello che viene realmente pensato. La
dottoressa ci ha spiegato che questa pratica deve essere sviluppata ogni giorno
e che solo in questo modo è possibile arrivare ai 45 minuti di meditazione
continuata; tuttavia anche sperimentare per una volta sola influisce
immediatamente sul benessere psico-fisico.
·
È necessario quindi trovare un posto lontano da
rumori e distrazioni, spegnere il cellulare e sedersi in una posizione definita
dignified position: testa, spina
dorsale e collo devono essere allineati e il bacino deve essere più elevato
delle ginocchia. In questa posizione, infatti, si evitano fastidiose, dolorose
e disadattive compensazioni muscolari che potrebbero sia essere dannose che
inficiare la stessa esecuzione della tecnica.
·
Un attacco di panico o un attacco d’ansia sono
generalmente accompagnati da determinati correlati soggettivi e somatici: paura
di morire, di perdere il controllo, tachicardia, palpitazioni, senso di
soffocamento, dispnea (Biondi, Carpiniello, Muscettola, Placidi, Rossi,
Scarone, 2009). Il respiro è quindi fortemente legato ai nostri stati mentali.
La mindfulness basa la propria tecnica sul respiro consapevole. Dopo aver
assunto la dignified position,
chiudere gli occhi, fare tre respiri profondi per preparare la concentrazione.
Quindi cominciare a respirare normalmente. È importante che non si controlli il
respiro perché bisogna essere semplici osservatori della respirazione:
percepire le sensazioni fisiche come il fresco dell’aria che si avverte
nell’inspirazione, il calore dell’espirazione, il torace o l’addome che si
gonfiano e sgonfiano. Questo tipo di osservazione produce automaticamente un
effetto calmante fin dalle prime esperienze, in quanto si distoglie
l’attenzione dal circuito frenetico delle idee che producono agitazione e
stress.
Seppure la pratica della mindfulness è per tutti, sono comuni alcuni problemi che
si possono incontrare:
§
I pensieri si riversano in un flusso che prende
il sopravvento senza che nemmeno ce ne accorgiamo, soprattutto in uno stato di
ansia. Quello che bisogna fare, appena ripresa coscienza, è spostare
gentilmente l’attenzione di nuovo sul respiro. Non bisogna perdere la calma,
anzi conservare la pazienza e ogni pensiero diventa quindi una nuvola
passeggera e non si concatena ad un altro pensiero.
§
Rimanere fermi a lungo può comportare sensazioni
spiacevoli di formicolii, intorpidimenti muscolari, sonnolenza. Occorre
trattare queste sensazioni come i pensieri: osservarli e riportare l’attenzione
al respiro, in quanto quella sensazione, raggiunto l’acme, tende poi a scomparire
lentamente. Solo se il dolore è insopportabile, allora cambiare lentamente e consapevolmente
posizione. Tuttavia è sconsigliato, in quanto si tenderebbe a farlo
ripetutamente e occorre invece apprendere che non c’è bisogno di sfuggire al
malessere: si può rimanere calmi anche quando le cose non vanno come vorremmo,
dato che sono passeggere.
§
Durante la pratica, può sopraggiungere la noia.
Questo significa che non si sta più percependo la realtà ma si stanno
formulando giudizi su quello che sta accadendo. Riportando l’attenzione alle
sensazioni del respiro si opera un’osservazione di modificazioni fisiologiche a
cui normalmente non diamo ascolto e che, al contrario della noia, donano
un’esperienza totalmente nuova.
Riferimenti:
Biondi, M., Carpiniello, B., Muscettola, G., Placidi, G., Rossi, A.,
Scarone., S. (2009). Manuale di psichiatria.
Elsevier, Milano.
Fox, K.C.R., Zakarauskas, P., Dixon, M., Ellamil, M., Thompson, E. & Christoff,
K. (2012). Meditiation Experience Predicts Introspective Accuracy. PloS ONE,
7(9), e45370, doi:10.1371/journal.pone.0045370.
Kabat-Zinn, J., (2005). Vivere
momento per momento. Corbaccio, Milano.
Miller, J.J., Fletcher, K., Kabat-Zinn, (1995). Three-year follow-up and clinical implications of a
mindfulness meditation-based stress reduction intervention in the treatment of
anxiety disorders. General Hospital
Psychiatry, 17, 192-200.
Murakami, H., Nakao, T.,
Matsunaga, M., Kasuya, Y., Shinoda, J., Yamada, J. & Ohira, H. (2012). The
Structure of Mindful Brain. PLos ONE, 7(9): e46377. doi:10.1371/journal.pone.0046377.
Shapiro, S.L., Shwartz, G.E.,
Bonner, G. (1998). Effects of mindfulness-based stress reduction on medical and
premedical students. Journal of
Behavioural Medicine, 21, 581-599.
Speca, M., Carlson, L.E.,
Goodey, E. & Angen, M. (2000). A ranzomized, wait-list controlled clinical
trial: The effect of a mindfulness meditation-based stress reduction program on
mood and symptoms of stress in cancer outpatients. Psychosomatic Medicine, 62, 613-622.
Williams, K.A., Kolar, M.M.,
Reger, B.E. & Pearson, J.C. (2001). Evaluation of a wellness-based
mindfulness stress reduction intervention: A controlled trial. American Journal of Health Promotion,
15, 422-432.
1.11.12
World Vegan Month
Novembre è il mese mondiale dell'alimentazione vegan.
Come potete leggere su questo sito in inglese e in questo sito in italiano, numerosi sono gli eventi e le iniziative che hanno l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica su questo argomento.
Perché mangiare vegan?
E' sicuro? E' sano?
Se sei già vegetariano o vegano, puoi coinvolgere i tuoi colleghi al lavoro, compagni di corso o familiari in questa tua scelta, ricordando a tutti la posizione ufficiale dell'Academy of Nutrition and Dietetics americana, ovvero la più grande organizzazione mondiale di professionisti dell'alimentazione (dunque non un'associazione di vegani): una dieta vegetariana o vegana correttamente pianificata è salutare, adeguata dal punto di vista nutrizionale e potenzialmente benefiche contro numerose malattie, inclusi alcuni tipi di tumore.
Chi fosse interessato può leggere su questo blog i posti dei mesi di agosto e settembre che ho dedicato all'alimentazione vegetariana in occasione della conferenza che si è tenuta ad Acerno (SA) il 1° settembre di quest'anno. Guardando l'argomento da più punti di vista, ho cercato di essere completo nella trattazione delle motivazioni, dei benefici, delle possibilità e dei nutrienti principali, nonché delle conseguenze positive sul trattamento degli animali e di tutto l'ecosistema, di cui facciamo parte.
Di tutte le cose che facciamo nella nostra vita, sicuramente mangiare è la più ricorrente e anche quella su cui possiamo più facilmente operare un cambiamento. Quando si inizia a leggere ed aprire gli occhi su determinati argomenti, questi ti cambiano la vita. Letteralmente.
Provare per credere, buona lettura!
Come potete leggere su questo sito in inglese e in questo sito in italiano, numerosi sono gli eventi e le iniziative che hanno l'obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica su questo argomento.
Perché mangiare vegan?
E' sicuro? E' sano?
Se sei già vegetariano o vegano, puoi coinvolgere i tuoi colleghi al lavoro, compagni di corso o familiari in questa tua scelta, ricordando a tutti la posizione ufficiale dell'Academy of Nutrition and Dietetics americana, ovvero la più grande organizzazione mondiale di professionisti dell'alimentazione (dunque non un'associazione di vegani): una dieta vegetariana o vegana correttamente pianificata è salutare, adeguata dal punto di vista nutrizionale e potenzialmente benefiche contro numerose malattie, inclusi alcuni tipi di tumore.
Chi fosse interessato può leggere su questo blog i posti dei mesi di agosto e settembre che ho dedicato all'alimentazione vegetariana in occasione della conferenza che si è tenuta ad Acerno (SA) il 1° settembre di quest'anno. Guardando l'argomento da più punti di vista, ho cercato di essere completo nella trattazione delle motivazioni, dei benefici, delle possibilità e dei nutrienti principali, nonché delle conseguenze positive sul trattamento degli animali e di tutto l'ecosistema, di cui facciamo parte.
Di tutte le cose che facciamo nella nostra vita, sicuramente mangiare è la più ricorrente e anche quella su cui possiamo più facilmente operare un cambiamento. Quando si inizia a leggere ed aprire gli occhi su determinati argomenti, questi ti cambiano la vita. Letteralmente.
Provare per credere, buona lettura!
28.10.12
Re-Sack: idea intelligente per la spesa
Oggi devo andare a fare la spesa, una bella spesa settimanale.
Ovviamente, tanta frutta e verdura.
Quanti esili sacchetti di plastica (e guanti) usa e getta vengono
utilizzati ogni giorno? Non ho il numero, ma vedo gente che ci mette dentro due
pomodori e via, una busta per ogni singolo prodotto, quando ne basterebbe una,
basta appiccicarci sopra tutti gli scontrini. Sorvolo sull’uso dei guanti, a
mio parere inutile, visto che a casa occorre comunque lavare per bene i
prodotti. Ma il sacchetto? Personalmente lo riuso qualche altra volta
soprattutto per coprire i contenitori con gli avanzi del pranzo. Ma l’obiettivo,
si sa, è ancora più a monte del riuso: meno produciamo, più siamo bravi!
Allora, vogliamo fare qualcosa di intelligente?
Ci viene incontro Re-Sack. Re-Sack è
il prodotto pensato da un giovane imprenditore olandese, Sjoerd van der
Helm. Durante il suo tirocinio a Los Angeles, è rimasto colpito dal fatto
che il governo avesse proibito le buste di plastica usa e getta nei
supermercati. Dunque si è dato da fare per commercializzare delle buste che non
avrebbero avuto un impatto ambientale e di inquinamento.
Ci sono ben tre tipi di buste, diversi per dimensioni e usi.
Due sono a rete, una più grande (38x30cm, inizio post) e una più piccola (19x16cm, a sinistra)
per piccoli frutti e anche per la frutta secca. Il vantaggio della rete è che è
il contenuto è visibile alle casse e soprattutto perfettamente traspirante.
L’altro tipo di borsa (38x28cm, qui a destra) è opaca e a maglia stretta,
utilizzabile ad esempio per comprare i cereali o i legumi sfusi, oltre che per
frutta e verdura.
Tutte le borse hanno un pratico laccio per chiuderle. Inoltre, cosa
importante, sono in cotone biologico certificato dal Global Textile Organic Standard e
quindi con rigide regole per la protezione dell’ambiente, dei lavoratori e dei
consumatori. Il colore è neutro, qualsiasi colorante per un logo è stato
evitato, dunque l’attenzione per l’ambiente è evidente.
Potrebbero dire che le bustine in plastica sono gratis. Il prezzo di Re-Sack è davvero basso e ci ricorda che tutti quei costi che non paghiamo alla cassa li paghiamo in altri modi. Ecco perché ci piace essere intelligenti.
27.10.12
Coca-Cola, obesità e diabete
Nel numero
238 (Agosto 2012) di Focus è apparsa una curiosa pubblicità della Coca-Cola.
Prima di
tutto mi dispiace vedere la pubblicità di una bibita zuccherata su un giornale
che è da moltissimi anni divulgatore di scienza. Ma immagino che le logiche di
mercato necessitino anche di questo tipo di pubblicità.
In secondo
luogo, leggendo il dépliant allegato alla pubblicità, non posso non essere
colpito dai contenuti e dai messaggi veicolati: la Coca-Cola viene presentata come
una bevanda innocua, quasi come l’acqua.
La formula della Coca-Cola viene
pubblicizzata come unica e segreta e
su questo punto l’azienda ha fatto ruotare buona parte del suo marketing.
Inutile dire che la formula non è segreta, ma ben nota e gli ingredienti
sviscerati nel dépliant sono pochi: acqua
(89%), zucchero (10% circa), anidride carbonica, colorante caramello (E 150d),
acido fosforico (E 338), caffeina, aromi naturali. Quello che non si
conosce è l’esatta miscelazione degli aromi naturali (oli essenziali di:
limetta, limone, arancio, estratto di noci di cola, cannella, estratto di
vaniglia bacche ed altri costituenti aromatici) che ovviamente non può essere
riprodotta, perché le proporzioni non sono note. Ma, come quelle di Coca-Cola,
anche le formule di tutte le altre cole in commercio sono quindi segrete e
inimitabili, come anche quella della Pepsi Cola, o della Fanta. Insomma, un’operazione
commerciale che non toglie il fatto che molti preferiscano il sapore di altre
cole meno famose, a dispetto della tanto millantata formula segreta.
Gli ingredienti della formula
Vediamo gli
ingredienti nello specifico. Il 99% di questa bevanda è acqua e zucchero.
Secondo il
dépliant, la quantità di acqua nella
Coca-Cola è superiore alla media di quella contenuta nelle bibite analcoliche.
L’unico studio scientifico riportato in questa brochure (Wilson, M.G., Morley ,
J.E. (2003). Impaired congnitive function and mental performance in mild
dehydration. European Journal of Clinical
Nutrition) si riferisce alla necessità di bere un’adeguata quantità d’acqua
per mantenere al meglio le nostre prestazioni fisiche e cognitive. Peccato che,
a differenza dell’acqua, con la Coca-Cola assumiamo molti altri elementi.
Il secondo
ingrediente per quantità è lo zucchero,
il saccarosio. Il dépliant afferma che lo zucchero è contenuto anche in frutta
e verdura, ma si dimentica di dire che non tutti gli zuccheri sono uguali. Quello contenuto in frutta e verdura è il fruttosio e c'è una grossa differenza tra lo zucchero della frutta e quello contenuti nei dolci: l'effetto del fruttosio sulla glicemia, unito alle fibre naturalmente contenute nei vegetali, è piuttosto debole, ha quindi un indice glicemico molto basso ma, al contrario, un potere dolcificante pari al doppio del saccarosio (fonte).
Continuando la lettura della brochure, scopro che una caloria presa da una carota è identica ad una presa dalla bevanda: ovviamente, la caloria è un’unità di misura e dunque non può cambiare! Ma che frutta e verdura sono anche fonte di importanti nutrienti. Ed è assolutamente vero anche il contrario: la Coca-Cola non apporta alcun nutriente importante. Anzi. Secondo l’integrazione alle Dietary Guidelines USA, la quantità consigliata di bibite dolci caloriche per l’assunzione di liquidi è 0, al massimo 240ml: in sintesi, bevande come la Coca-Cola sono sconsigliate. Gli zuccheri semplici, come appunto il saccarosio, aumentano rapidamente la glicemia, innescando un effetto yo-yo per cui più se ne assumono, più il corpo ne richiede per far fronte all’ipoglicemia che subentra. “In un solo bicchiere di Coca (e di qualsiasi bibita del tipo) ci sono 27 grammi di zucchero, quantità equivalente a quasi sei cucchiaini. Ben il 40% di tutto lo zucchero che dovremmo consumare in un giorno. Circa 100 calorie, nessun nutrimento” (fonte).
Continuando la lettura della brochure, scopro che una caloria presa da una carota è identica ad una presa dalla bevanda: ovviamente, la caloria è un’unità di misura e dunque non può cambiare! Ma che frutta e verdura sono anche fonte di importanti nutrienti. Ed è assolutamente vero anche il contrario: la Coca-Cola non apporta alcun nutriente importante. Anzi. Secondo l’integrazione alle Dietary Guidelines USA, la quantità consigliata di bibite dolci caloriche per l’assunzione di liquidi è 0, al massimo 240ml: in sintesi, bevande come la Coca-Cola sono sconsigliate. Gli zuccheri semplici, come appunto il saccarosio, aumentano rapidamente la glicemia, innescando un effetto yo-yo per cui più se ne assumono, più il corpo ne richiede per far fronte all’ipoglicemia che subentra. “In un solo bicchiere di Coca (e di qualsiasi bibita del tipo) ci sono 27 grammi di zucchero, quantità equivalente a quasi sei cucchiaini. Ben il 40% di tutto lo zucchero che dovremmo consumare in un giorno. Circa 100 calorie, nessun nutrimento” (fonte).
Obesità
Secondo la
Coca-Cola, “né lo zucchero, né qualsiasi altro singolo alimento o bevanda sono
responsabili da soli della condizione di sovrappeso o obesità di un individuo”.
Ebbene, ben tre studi di quest’anno smentiscono le parole di Coca-Cola, che si
maschera dietro l’opinione di non meglio specificati esperti.
Il primo afferma che
nel gruppo di bambini normopeso a cui sono state date bevande con dolcificanti
sostitutivi si è assistito ad un minore incremento di peso e accumulo di grasso
rispetto al gruppo che invece ha fatto uso di bevande come Coca-Cola. Nel secondo si è
osservato un minore incremento di BMI in bambini
sovrappeso ed obesi che hanno limitato per un anno l’assunzione di bibite
zuccherate caloriche. Infine, il terzo studio
evidenzia che la predisposizione genetica all’accumulo di grasso è più
pronunciata con una maggiore assunzione di bevande zuccherate. Da questi studi
si può concludere che lo zucchero e le
bevande zuccherate come Coca-Cola sono coinvolte nell’accumulo di grasso e l’incremento
di BMI sia in bambini normo peso che in bambini sovrappeso o obesi.
E non ci
vuole molto a capirlo: durante il giorno abbiamo bisogno di un certo numero di
calorie perché il nostro corpo funzioni regolarmente; la natura ha fatto in
modo che, assieme alle calorie, assumessimo anche nutrienti che servono a
mantenere il corpo nel tempo. Troppi
alimenti con “calorie vuote”, come dolci e bevande zuccherate, aumentano
solamente il numero di calorie che assumiamo. Ciò significa che, per prendere l’adeguato
numero di nutrienti e sentirci sazi, dovremo mangiare anche altro. Alla fine
della giornata, quindi, avremo assunto un numero di calorie eccessivo rispetto
al nostro fabbisogno e un’eccessiva quantità di determinati nutrienti, alcuni
dei quali non salutari, soprattutto se in grandi quantità.
Diabete
È sorprendente
che solo poche righe dopo il dépliant di Coca-Cola parli della connessione
diabete-bevande caloriche dandosi, in un certo modo, la zappa sui piedi. Viene
infatti riportato che non è un eccesso di zucchero a causare il diabete, come
affermato dall’American Diabetes Association. Tuttavia tra i fattori di rischio
di sviluppo di Diabete di Tipo 2 c’è proprio sovrappeso, obesità e stile di
vita sedentario; la brochure aggiunge che introdurre troppe calorie senza
adeguato dispendio calorico può portare a sovrappeso e adiposità, ma è
dimostrato che più è alto il BMI e più alto è il livello di sedentarietà.
Una catena di eventi che, partendo da un elevato consumo di zuccheri e calorie
e sedentarietà influenza lo sviluppo di sovrappeso il quale, a sua volta, è tra
le cause di diabete. Quindi no, la
Coca-Cola non è fattore specifico di sviluppo di diabete, ma il suo consumo
eccessivo fa parte del processo che porterebbe al suo sviluppo.
La responsabilità è sempre altrui
La parte
finale è quella che chiude una così “approfondita” analisi del proprio
prodotto: “Noi di Coca-Cola crediamo che le persone dovrebbero compiere scelte
consapevoli circa ciò che è più giusto per loro”. Peccato che un adolescente o
un ragazzino di 13 anni non è ancora consapevole di quello che è più giusto per
un’adeguata e sana dieta e “fornire informazioni nutrizionali veritiere,
significative e comprensibili” sui prodotti che mettono in vendita non è
abbastanza. Tanto più che, come visto, queste informazioni non sono così
accurate né veritiere.
Per
concludere, non riteniamo responsabile lavarsi le mani dicendo che la propria
dieta deve essere varia ed equilibrata ed associata ad attività fisica e che
tutti gli alimenti possono entrarne a far parte. Soprattutto quando, nei fast-food
e nella pubblicità, queste
bevande caloriche accompagnano i pasti, in un modello alimentare diseducativo
per i giovani e i bambini, tra le vittime principali del martellamento
pubblicitario.
20.10.12
La natura che decora
Marcella Danon, ecopsicologa, afferma che la nostra cultura, così improntata sul mentale e il razionale, ha creato ambienti squadrati e artificiali in cui vivere e, col tempo, abbiamo perso la capacità di sentirci a proprio agio negli ambienti naturali. Più cresciamo lontani dalla natura, maggiori difficoltà incontriamo a metterci in contatto con i nostri aspetti più vitali, fisici, emotivi e intuitivi.

Nella prima foto qui sopra possiamo notare come semplici rami di albero, gli stessi utilizzati per i caminetti e i forni, possono opportunamente essere disposti per creare un affascinante appendiabiti all'ingresso di casa, spendendo pochissimi soldi e divertendosi ad accostare differenti tipo di alberi o usando solo un tipo di corteccia.
Con un po' di stucco possiamo decorare qualsiasi superficie, con sassi, pezzi di vetro, di ceramica, anche legnetti o qualsiasi altro materiale. Il risultato è come questo illustrato qui accanto, ma questo è solo uno degli esempi di applicazione di questa semplice tecnica.
Simile per effetto al precedente è quest'altro oggetto, un utile disco per poggiare pentole, teiere e altri recipienti caldi. Sono stati usati dei sassolini levigati dall'acqua, facilissimi da trovare al mare, in riva ad un fiume o a volte anche nei parchi giochi. Qui è stata utilizzata della colla per fermare i sassolini sul piano di base.


E, a proposito di portacandela, con dei semplici rametti è possibile decorare dei semplici bicchieri di vetro che creeranno sicuramente un'atmosfera particolare una volta che la candela dentro sarà accesa. Se per esempio avete l'ultimo bicchiere del servizio, o un bicchiere appena sbeccato, questa idea riciclo è perfetta!

Lo stesso principio è quello utilizato in un lampadario più grande, ma dal medesimo aspetto rustico e antico. In questo caso, al posto del bicchiere, è possibile utilizzare due anelli di metallo, la ruota di una bicicletta o lo scheletro di una lampada.
Sempre parlando di lampade, l'effetto creato da questi rami di betulla è bellissimo: chiari e scuri che è possibile riprodurre anche sulla lampada stessa, personalizzando la luce che vorrete nella vostra stanza.
La versalità dei rami è davvero incredibile! Provate a creare delle mensole con dei rami robusti e tagliati all'occorrenza. Vi sembrerà di abitare in una casa sull'albero!

Ed è possibile fare con dei rami una specie di scala a pioli per appendere i nsotri asciugamani o per creare una decorazione in un angolo della nostra casa con delle sciarpe. Anche qui, il bello di questo lavoro è che spendere quasi nulla per un oggetto utile e bello.

Queste idee con i sassi sono utili anche come regalo. Un porta foto facilissimo da realizzare con del filo di ferro. Quello usato da fioristi e giardinieri è verde e darà un tocco di colore in più.

Se invece avete un buon trapano, è possibile forare i sassi e creare degli appendini per la cucina o anche per l'ingresso: cappelli, ombrelli e cappotti!
Infine, sempre con un trapano, si possono fare facilmente dei buchi in un cilindro di legno e realizzare un comodo portapenne che terrà in ordine per voi le vostre matite colorate.
Buon divertimento!
PS-Non è necessario sradicare un albero per decorare la propria casa: basta raccogliere i rami che sono comodamente già caduti dall'albero stesso!
Queste immagini sono prese dalla pagina facebook di The Ecoist.
Ho recensito il libro Ecopsicologia di Marcella Danon in questo post.
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