Translate

Visualizzazione post con etichetta ricerca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ricerca. Mostra tutti i post

16.10.15

La tristezza ci fa vedere grigio


In italiano si dice "vedere tutto grigio" quando non è particolarmente felici. In inglese si usa invece il colore blu come sinonimo di triste.
Tutti noi usiamo i colori per parlare di sentimenti: si utilizza il giallo o l'arancione per esprimere felicità ed eccitazione su una tela. O il blu e il violetto per dipingere la tranquillità. Anche se questi concetti sembrano più pensiero comune che scientifico, alcuni ricercatori hanno voluto indagare a fondo.

"Umore ed emozioni possono influenzare il modo in cui vediamo il mondo intorno a noi", dice il ricercatore di psicologia Christofer Thorstenson.
Questa affermazione apparentemente semplice è il risultato di una ricerca molto interessante dell'Università di Rochester.

Che noi percepiamo la realtà attraverso il nostro filtro personale è un dato di fatto: due persone vedono lo stesso evento in due modi diversi e la verità è sempre una questione di punti di vista. Ricerche precedenti hanno mostrato che le nostre emozioni hanno un'influenza sui nostri processi visivi: ad esempio, l'umore depresso può ridurre la nostra sensibilità al contrasto visivo.

Dopo aver visto un video destinato a indurre tristezza o divertimento, a 127 partecipanti è stato chiesto di indicare il colore di alcuni campioni di colore desaturati (tra rosso, giallo, verde e blu).
I partecipanti che avevano guardato il video triste erano meno precisi, in particolare nell'identificare i colori sull'asse blu-giallo. Nessuna differenza è stata osservata per all'asse rosso-verde.



Precedenti studi hanno trovato un legame specifico tra la percezione sull'asse blu-giallo e il neurotrasmettitore dopamina, coinvolto in ricompensa, piacere, attenzione e motivazione. Le imprecisioni per quanto riguarda questo asse in particolare sono state notate anche in soggetti con Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività (ADHD), mentre la percezione di blu e giallo è aumentata in presenza di varie malattie, tossine e farmaci che alterano la neurotrasmissione dopaminergica.

Così, quando ci sentiamo tristi, abbiamo una carenza di dopamina nel nostro cervello; il fatto che siamo meno sensibili ai gialli e blu è probabilmente una funzione adattiva del nostro cervello per essere più sensibili al rosso e al verde. Perché questa preferenza? Cosa possono fare di utile il rosso e il verde per il nostro umore?

Questi risultati richiedono ulteriori ricerche e sono molto curioso di saperne di più.

10.5.15

Le carote fan buon sperma!

Ci dicevano che ci avrebbe reso ciechi.
Poi ci hanno detto che le carote aiutano la vista.
Solo una delle affermazioni precedenti è corretta, indovinate quale ...

Ironia della sorte, gli scienziati hanno scoperto che le carote sono buone anche per il tuo sperma!
Ma cominciamo dall'inizio.

I nutrienti coinvolti sono i carotenoidi, pigmenti organici che danno il caratteristico colore rosso-arancio a frutta e verdura.

E alle foglie ...
Le piante già contengono carotenoidi, ma in quantità minore della clorofilla, che conferisce alle piante il tipico colore verde brillante. Quando in autunno la clorofilla si degrada, i carotenoidi prendono il sopravvento e donano a quella stagione il suo colore caldo.




Ci sono più di 500 tipi di carotenoidi, ma questa ricerca concentra la sua attenzione sul licopene.

Alcuni ricercatori di Rochester (New York) hanno controllato lo sperma di circa 200 uomini in età universitaria, prima e dopo aver richiesto alcuni cambiamenti nella loro dieta.

I risultati sono promettenti: "l'assunzione di carotenoidi è stata associata con una maggiore motilità degli spermatozoi e, nel caso di licopene, migliore morfologia degli stessi".

Bene bene, vediamo adesso dove trovare questi meravigliosi allenatori di sperma!
Zucca, carota, anguria, peperone, pomodoro, albicocca, melone.

E le foglie d'autunno, naturalmente! Heheh!

Il licopene è particolarmente presente nei pomodori (ma anche fagioli e prezzemolo), soprattutto se maturi, leggermente cotti e con l'aggiunta di alcuni acidi grassi (olio di oliva o di avocado sono eccellenti): non c'è da stupirsi che la salsa di pomodoro è una parte importante della dieta mediterranea.

Ricordiamo che una dieta varia, ricca di verdure e frutta, è l'ideale.





Post photo: Heavenandearthessentials

9.12.14

I funghi sono in realtà animali?

Questo fungo sanguina... La spiegazione a fine articolo.

Spesso le scoperte più interessanti avvengono per caso.
E' quello che mi è successo mentre guardavo il serial "Hannibal". Ad esser sinceri, la prima puntata non mi ha interessanto molto, invece la seconda mi ha molto intrigato. Senza scendere in raccapriccianti dettagli (la foto che allego è già abbastanza inquietante...), dirò solo che vengono trovati in un bosco dei cadaveri usati da un serial killer per fertilizzare dei funghi. L'assassino, infatti, è ossessionato dalle similitudini tra le strutture dei funghi e la mente umana.

E' stato quest'ultimo particolare che ha acceso la mia curiosità. Così, facendo qualche ricerca, sono incappato in varie pagine che parlavano di come i funghi siano più simili agli esseri umani che alle piante.
Sarebbe a dire che i vegetariani sono cannibali a loro insaputa?
Beh la situazione è un po' diversa, ma certo non meno affascinante.

ANTENATO COMUNE
Per la teoria dell'evoluzione, noi tutti discendiamo da un antenato comune che, con successive mutazioni ed adattamenti all'ambiente esterno, ha dato vita alla straordinaria varietà della vita sul nostro pianeta.
L'evoluzione funziona come un albero: partendo dal tronco, si sviluppano i rami che, a loro volta, si biforcano in rami più piccoli. Quindi, biologicamente e geneticamente, siamo parenti più o meno stretti di tutto il "creato".
Noi animali, le piante e i funghi (i funghi sono, infatti, un regno a sé) abbiamo un comune progenitore da trovarsi nelle alghe di molto, molto tempo fa.
Ma ad un certo punto, ricordando la metafora dell'albero, da quel ramo principale si sono sviluppati altri rami che si sono più o meno allontanati dagli altri. Ebbene, il ramo dei funghi è molto più vicino a quello degli animali che non a quello delle piante.
Sorprendente, ma vediamo le caratteristiche genetiche e la loro espressione nella fisiologia di organismi così "diversi" fra loro:

1) Animali e funghi non utilizzano la fotosintesi e non hanno clorofilla, al contrario delle piante. Usano sostanze organiche esterne per nutrirsi.

2) La parete cellulare dei funghi è fatta da una proteina di nome chitina, la base dell'esoscheletro degli insetti. La chitina non si trova in nessuna pianta.

3) Nella membrana cellulare dei funghi l'ergosterolo (o provitamina D2) svolge le stesse funzioni del colesterolo in quella animale. L'ergosterolo è sintetizzato via lanosterolo, un alcol che le piante non posseggono.

4) I funghi, se esposti ad irradiazione, proprio  come gli animali producono spontaneamente vitamina D.
Le piante non producono ergosterolo, quindi ogni traccia vetegale di vitamina D2 è portata da micosi o simbiosi con un fungo (endofitismo).
Purtroppo la quantità di vitamina D nelle piante, siccome derivante da contaminazione esterna, non è sufficiente per considerarla parte integrante di una dieta bilanciata, anche nelle piante in cui la concentrazione è maggiore (solanacee, quindi patate, pomodori, peperoni).

5) Il glicogeno, uno zucchero complesso, funziona da riserva energetica negli animali e... nei funghi.


Incredibile ma vero, a qualcuno scapperebbe di dire che ai funghi mancano solo le zampe...
Tuttavia dobbiamo ricordarci di una cosa: la varietà della vita sulla terra, più che a compartimenti stagni, è distribuita su un continuum di variabili, come i colori dell'arcobaleno non sono solo 7 ma molteplici, con infinite sfumature.

Non dovrebbe stupirci, quindi, che la comunicazione tra esseri viventi, così legata per noi al linguaggio e al movimento, sia una componente fondamentale anche di funghi e piante. Anche loro comunicano e, seguendo l'ossessione del killer di "Hannibal", esploreremo la prossima settimana l'ancora più affascinante argomento delle similitudini funghi-cervello umano.


Ah, certo: il fungo nella prima immagine  si chiama Hydnellum peckii, o Idnello del Diavolo, è un fungo non commestibile. Non è velenoso, ma estremamente amaro. In particolare quelle goccioline rosse che sembrano sangue e possono ricoprire l'intero cappello: si tratta di lattice, in questo fungo di un bel colore rubino, che essuda naturalmente quando il fungo è molto bagnato. Insomma, interessante, a tratti inquietante, e nemmeno buono da mangiare. Ottimo come decorazione per Halloween!



Per questo post, ringrazio Giuseppe Pascucci per la consulenza e i consigli da biologo ;)

28.7.14

L'albero dei 40 frutti (diversi)

La fioritura dell'albero dei 40 frutti in un rendering artistico.|Sam Van Aken


Sulla pianta creata da un mago degli innesti crescono albicocche, ciliegie, mandorle e prugne di decine di varietà: è nata per salvaguardare rare specie botaniche dalla scomparsa.

Per realizzarlo ci sono voluti l'estro di un artista e la sapienza di un esperto giardiniere: il tutto, condensato nella stessa persona. Lo statunitense Sam Van Aken, professore d'arte con uno spiccato pollice verde, è il padre di una pianta con i superpoteri: l'unico albero al mondo capace di produrre, da solo, 40 diverse varietà di frutti.


Fioritura a sorpresa. Per gran parte dell'anno Tree of 40 Fruit, questo il nome del vegetale, sembra una pianta come tante. È a primavera che rivela la sua vera natura, con i rami che si caricano di fiori bianchi, rosa, rossi o viola a seconda del punto in cui si trovano. Nei mesi estivi inizia la raccolta, e qui c'è da sbizzarrirsi: su questa pianta maturano decine di varietà di prugne, pesche, pesche noci, albicocche, ciliegie, mandorle, ognuna secondo i suoi tempi, seguendo un'agenda perfettamente sincronizzata.

Museo vivente. Van Aken ha iniziato a lavorare al progetto nel 2008, dopo aver appreso che un antico frutteto urbano, quello della New York State Agricultural Experiment Station, stava per chiudere. Qui erano conservate centinaia di varietà native di frutti con nocciolo, alcune delle quali con una storia di 150-200 anni. Un'eredità che sarebbe andata persa, se l'artista non avesse trovato un modo originale per conservarla.


Passione di famiglia. Lavorando su 250 diverse specie di frutti con nocciolo, Van Aken - che viene da una famiglia di agricoltori - ne ha selezionate qualche decina, creando una timeline con i tempi di fioritura e maturazione di ciascuna. Quindi è iniziata la catena di innesti su un singolo albero da frutto, con tecniche complesse come quella del "chip-budding", che consente di far germogliare su rami diversi gemme di differenti varietà.


Frutteto in miniatura. Dopo 5 anni e diversi tentativi, l'albero dei 40 frutti è divenuto realtà. La pianta consente di prolungare la discendenza di specie che non rispondono alle leggi commerciali della grande distribuzione e che altrimenti sparirebbero: per questo i 16 esemplari creati finora sono conservati presso vari musei, istituzioni e collezioni d'arte degli Stati Uniti. Ma avrebbero probabilmente successo anche in ambito domestico: chi li coltiva racconta che producono l'esatta quantità di frutti con la giusta alternanza, e senza esagerare. Per variare spesso e contenere gli sprechi.

20.7.14

Il paleo-dentifricio antiossidante


Quella che oggi è considerata una scocciante pianta infestante era masticata 2000 anni fa prevenire la carie.
Un gruppo di scienziati della Universitat Autònoma de Barcelona e l'Università di York ha effettuato una ricerca in Sudan centrale, nel sito di "Al Khiday".

Questi scienziati suggeriscono che gli uomini preistorici avevano un'ottima conoscenza delle piante e delle loro qualità nutrizionali e medicinali.
Durante alcune analisi sulla placca trovato sui denti di questi abitanti (fossili, ovviamente!), hanno scoperto tracce di Zigolo infestante (Cyperus rotundus) che, secondo ricerche scientifiche, ha la capacità di inibire lo Streptococcus mutans, un batterio coinvolto nella carie.
L'uso di questa pianta potrebbe essere una delle ragioni per il livello
sorprendentemente basso di carie presenti in questa popolazione.
Ora sappiamo che Cyperus è un ossidante naturale e un aiuto contro il cancro (1).
I nostri antenati hanno speso un sacco di tempo per lo studio delle proprietà del regno vegetale. Lo Zigolo non era solo una buona fonte di carboidrati, ma è stato utilizzato nell'antico Egitto
anche come profumo e come medicina.

Abbiamo più di cento marche di dentifricio in tutto il mondo, e consideriamo Cyperus rotundus una pianta infestante.
Molto è cambiato da quei giorni. Dobbiamo capire se davvero abbiamo fatto dei passi avanti




(1) Soumaya, K.J., Zied, G., Nouha, N., Mounira, K., Kamel, G., Genviève, F.D., Leila, G.C., (2014). Evaluation of in vitro antioxidant and apoptotic activities of Cyperus rotundus. Asian Pac J Trop Med. 2014 Feb;7(2):105-12. doi: 10.1016/S1995-7645(14)60004-3.

19.6.14

Lo zucchero e la malattia renale sconosciuta


Che panorama meraviglioso. In quale parte del mondo sarà mai?
Vi svelo un segreto: è il Nicaragua.
Molti di noi non sanno nemmeno dov'è il Nicaragua. Eppure da questo Paese proviene l'ingrediente che non può mancare nelle nostre torte di compleanno, nel gelato che allevia il caldo estivo, nei biscotti che inzuppiamo nel latte la mattina.
Sto parlando dello zucchero.
Sappiamo già che un eccesso di zuccheri è coinvolto nelo sviluppo di numerose malattie, per esempio obesità e diabete (leggi al proposito l'approfondimento sulla Coca-Cola). Per quanto dolce l'argomento ci possa sembrare, dietro allo zucchero vi sono moltissimi retroscena che non riguardano solo il consumatore, ma anche chi quello zucchero lo estrae da Madre Natura.

Il 10 giugno scorso, Fairfood International, nell'ambito del progetto Treat Them Sweet, ha organizzato ad Amsterdam il primo evento multi-stakeholder per discutere le condizioni di lavoro che interessano l'industria della canna da zucchero nel Centro America.
L'evento ha avuto molto successo e ha attirato la partecipazione di organizzazioni non-profit locali e internazionali, membri della comunità scientifica, istituzioni sanitarie e iniziative di sostenibilità.

L'obiettivo dell'evento è stato quello di creare un forum con due principali ambiti di approfondimento:
  • la presentazione e la discussione dei più recenti risultati nella ricerca sulle condizioni di lavoro nel settore della canna da zucchero in America Centrale;
  • l'epidemia della malattia renale cronica da Cause non tradizionali (CKDnT ) - conosciuta anche come malattia renale cronica di origine sconosciuta (CKDu) - che colpisce gravemente i lavoratori di canna da zucchero in Nicaragua e l'America Centrale.


Le cause di questa malattia sono ancora ufficialmente sconosciute, ma non sorprende che le ipotesi più avallate puntino il dito sui pesticidi. Il problema, seppure non abbia prove scientifiche e risonanza pubblica, è reale in quanto il numero di morti per insufficienza renale cronica supera la media nazionale. Questo fenomeno è tragicamente riscontrabile nella necessità, da parte della municipalità, di costruire un ulteriore cimitero.
La media è sconvolgente: 80% dei funerali celebrati è per un lavoratore nelle suddette piantagioni.








Fairfood ha avuto il privilegio di coinvolgere relatori di alto profilo ed esperti sui temi sopra menzionati, come ad esempio i ricercatori dell'Università del Nicaragua (UNAN), la Fondazione Pan American Health Organisation e La Isla Foundation. Le presentazioni hanno provocato tra i partecipanti grande interesse per l'argomento e sono state occasione di conversazioni significative e discussioni.

Fairfood è soddisfatta del risultato: portare all'attenzione pubblica che le condizioni di lavoro nel settore della canna da zucchero del Nicaragua sono dure e che i salari non sono sufficienti a soddisfare i bisogni fondamentali dei lavoratori. Inoltre, la comunità scientifica ha confermato che c'è già molta conoscenza del CKDnT. Tuttavia, più risorse devono essere ripartite per continuare con la ricerca. Inoltre, gli oratori hanno convenuto che ora è il momento giusto per agire, e che i diversi soggetti interessati devono unire le forze al fine di fare più leva.



Come risultato della manifestazione, Fairfood International lavorerà in collaborazione con altre organizzazioni e istituzioni senza scopo di lucro, al fine di individuare le migliori pratiche che possano determinare un cambiamento positivo per i lavoratori della canna da zucchero. Inoltre, Fairfood concentrerà i suoi sforzi sul comunicare con e influenzare le aziende che producono lo zucchero della regione, con l'obiettivo di determinare il modo migliore per affrontare le dure condizioni di lavoro nelle piantagioni di canna da zucchero in America Centrale.

In Europa e America del Nord abbiamo la possibilità di scegliere. Scegliere se comprare un alimento oppure no, perché ci fa male, perché ci fa bene, in base al prezzo, ecc. Se però seguiamo quell'alimento a ritroso, molto spesso ci troviamo di fronte a chi, per necessità, questo tipo di possibilità di scelta non ce l'ha. Come, appunto, i lavoratori nelle piantagioni di canna da zucchero.

Eco-Sphera farà nel mese di luglio un approfondimento sul fairtrade da diversi punti di vista. E' un argomento che ci sta particolarmente a cuore e sono sicuro che siamo in buona compagnia.

21.5.14

Ecco l'uomo e la donna perfetti



Lo sapete che l'estate sta arrivando?
Lo sapete che la famigerata "prova bikini" è alle porte?
Come se potessimo dimenticarcene...

Recentemente il marchio Bluebella, che commercia abbigliamento e accessori sexy, ha chiesto ai propri clienti di creare l’uomo e la donna perfetti assemblando pezzi di corpi di personaggi famosi. Una specie di moderni mostri di Frankenstein.
È stato singolare, ma non completamente inaspettato, notare che la donna ideale ha forme e caratteristiche diversi a seconda dei gusti maschili o femminili. E, viceversa, l’uomo ideale è diverso se a pensarlo è una donna o un uomo. Ecco i risultati dei collage:

Secondi i gusti maschili, sia il maschio che la femmina sono... più esagerati rispetto alla scelta femminile: più capelli, seno, fianchi e cosce per la donna perfetta; più bicipiti, pettorali, quadricipiti e fama calcistica per l'uomo perfetto.
La spiegazione per una maggiore enfasi sull’aspetto fisico potrebbe essere che gli uomini sono più eccitati da stimoli visivi e dunque diano maggiore importanza all’attrattività fisica (9).

Sarebbe stato interessante, inoltre, chiedere ai clienti cosa pensavano del proprio aspetto.
Trovare qualcuno che sia al 100% soddisfatto del proprio corpo è praticamente impossibile.
L’insoddisfazione corporea è definibile come la distanza tra il proprio peso e corpo reali e quelli ideali.
Dati statistici precisi non ne abbiamo, perché le ricerche su questi argomenti vengono effettuate soprattutto su campioni clinici, ovvero con soggetti che già sono ricoverati con un disturbo.
Infatti, l’insoddisfazione per il proprio corpo è uno dei sintomi principali dei disturbi dell’alimentazione che, come risaputo, sono principalmente anoressia, bulimia e binge eating (abbuffate).
Il problema principale si riscontra quando associamo l’insoddisfazione alla nostra autostima e identità. Inoltre, le persone che affermano di essere state canzonate e prese in giro per il proprio aspetto fisico riportano maggiore sintomatologia da disturbo dell’alimentazione (1).

I disturbi dell’alimentazione si presentano in maniera diversa a seconda della cultura e del periodo storico. Sembrerebbe che l’obiettivo della magrezza sia presente in culture in cui il cibo è presente in abbondanza (2). Seppure le prime ricerche e teorie (per es. 3) affermavano che i disturbi dell’alimentazione erano concentrati nella fascia socio-economica più alta della popolazione, negli ultimi anni le differenze sociali si sono attenuate. Ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere se sia dovuto a fattori meramente economici, ai cambiamenti nei canoni di bellezza trasmesso dai media o alla maggiore attenzione dedicata ai disturbi dell’alimentazione.

I media, infatti, sono spesso indicati come importanti responsabili della diffusione del valore della magrezza: modelle sottopeso in passerella, uso di programmi di fotoritocco per mostrare attrici e personaggi famosi in copertina, larga presenza di consigli alimentari e diete nei periodici (4).


L’immagine idealizzata proposta dai media è fatta quasi esclusivamente da persone normopeso o, sempre più spesso, sottopeso, dunque non rappresentative della varietà presente nella realtà (2). Gli studi affermano che è il tipo di programma che si guarda, più che la quantità, a fare la differenza: soap opera, film e video musicali sono associati con insoddisfazione per il proprio corpo e impulso alla magrezza (4).

Pensiamo ad una delle soap opera più famose e longeve della storia della televisione: Beautiful. Praticamente ogni attore sotto i 60 anni è un body builder, mentre le donne sono perennemente e perfettamente truccate, pettinate, magre e giovani. E qui stiamo parlando di immagini viste da 500 milioni di persone al mondo, 5 giorni alla settimana.


Il problema della circolarità causa-effetto si ripropone: occorre chiarire se è l’esposizione ad influenzare lo sviluppo di disturbi dell’alimentazione o, al contrario, se coloro che già presentano sintomi come l’insoddisfazione corporea cercano attivamente conferme nei programmi televisivi, i periodici o internet.

Al proposito riporto un interessante studio di Becker (5) nel quale si confrontava la prevalenza di disturbi dell'alimentazione prima e dopo l'arrivo della televisione nelle isole Fiji nel 1995. Nella cultura di queste isole era valorizzato un sano appetito e un corpo rotondo, sinonimi di ricchezza e cure familiari. Nel 1998 il ricorso alle diete era salito dallo 0 al 69% e i giovani isolani riportavano i protagonisti dei telefilm come modelli e ispirazione della loro volontà di perdita di peso.

Se fino a poco tempo fa i disturbi dell’alimentazione erano appannaggio delle ragazze caucasiche di classe medio/alta, la pervasività del fenomeno ha toccato anche l’altra metà del cielo. L’immagine idealizzata del corpo maschile veicolata dai media è quella con muscoli sviluppati, con un peso moderato, virtualmente senza grasso, con una particolare enfasi su addominali definiti e muscoli pettorali (6). Oggigiorno la società preme in misura crescente sulle preoccupazioni maschili, esattamente come ha fatto per decenni sulle insicurezze femminili (Pope, Philips & Olivardia, 2000).
Inutile dire che essere magri ma muscolosi per i maschi NON è la NORMALITA', come essere magre e con la quarta di reggiseno per le femmine. Ma per i ragazzi si aggiunge un fattore di rischio in più: la dismorfia muscolare, o anoressia al contrario: il problema il più delle volte non è sentirsi grassi e dunque l’attenzione non è sul dimagrire, bensì sul guadagnare peso poiché ci si vede troppo magri, anche nei casi in cui in realtà si sia già muscolosi (7).

Barbie vs Real life
Barbie vs Real life proportions
A questo proposito ricordiamo la ricerca di Pope (8) in cui sono stati messi a confronto alcuni giocattoli che ritraevano gli stessi personaggi maschili nel 1978 e nel 1998: nell’arco di 20 anni lo standard ritratto è aumentato di massa muscolare e anche i muscoli sono più definiti. Usando metodi allometrici, gli autori hanno provato che le misure dei giocattoli superano di gran lunga quelle ottenibili da qualsiasi bodybuilder nel mondo reale (vedi immagine sopra).

La presenza capillare di queste immagini, spesso ritoccate con software allo scopo, dà l’idea che sia quella la normalità e che, se non si rientra in quei canoni, non solo non si è percepiti come attraenti, ma non si è neppure normali. Se i media continueranno a promuovere l’irraggiungibile corpo perfetto (quel corpo ottenuto da fotomodelli e attori il cui lavoro è concentrato sull’aspetto fisico e per il quale hanno a disposizione soldi e mezzi; quel corpo presentato senza grasso e smagliature grazie al fotoritocco), non c’è da stupirsi che continueremo a rincorrere e provare ad ottenerlo, mettendo a rischio la nostra salute con diete impossibili, esercizio fisico scorretto e sostanze dopanti.
Questo potrebbe portare ad un aumento di ragazzi e ragazze non solo troppo concentrati sull’immagine esteriore, ma anche profondamente insoddisfatti.




 (1) Lunner, K., Werthem, E.H., Thompson, J.K., Paxton, S.J., McDonald, F., & Halvaarson, K.S. (2000). A cross-cultural examination of weightrelated teasing, body image, and eating disturbance in Swedish and Australian samples. International Journal of Eating Disorders, 28, pp. 430–435.
(2) Keel, P.K. (2005). Eating Disorders. Pearson, Prentice Hall, New Jersey.
Makino, M., Tsuboi, K., Dennerstein, L., (2004). Prevalence of eating disorders: A comparison of Western and Non-Western Countries. Medscape General Medicine, 6-3, p.49.
(3) Garfinkel, P.E., & Garner, D.M., (1982). Anorexia Nervosa: A Multidimensional Perspective. New York: Brunner/Mazel.
(4) Derenne, J.L., & Beresin, E.V., (2006). Body image, media, and eating disorders. Academic Psychiatry, 30, pp. 257-261.
(5) Becker, A.E., Burwell, R.A., Gilman, S.E., (2002). Eating behaviours and attitudes following prolonged exposure to television among ethnic Fijian adolescent girls. British Journal of Psychiatry, 180, pp. 509—514.
(6) Fairburn, C.G., Brownell, F.D. (2002). Eating disorders and obesity: A comprehensive handbook. Guildford Press, New York.
(7) Pope, H. G., Philips, K., & Olivardia, R. (2000). The Adonis complex: the secret crisis of male body Obsession. Simon & Schuster.
(8) Pope, H.G., Olivardia, R., Gruber, A., & Borowiecki, J. (1999). Evolving ideals of male body image as seen through action toys. International Journal of Eating Disorders, 26, pp. 65-72.

(9) Townsend, J.M. & Levy, G.D., (1990). Effects of potential partners' physical attractiveness and socioeconomic status on sexuality and partner selection. Archives of Sexual Behavior, 19: 149-164.

16.4.14

Film e chiacchierata e la coppia non scoppia



Coppie di tutto il mondo non avete più scuse: per andare d’accordo basta godersi un bel film e chiacchierare con il vostro partner.



Il tramonto della terapia di coppia è il grande schermo? Sembrerebbe così indicare una bella ricerca dell’Università di Rochester.
I ricercatori hanno preso 174 coppie sposate per un intervento di 15 ore e le hanno divise in tre gruppi. Il primo gruppo ha seguito un training sulla gestione del conflitto (prep). Il secondo gruppo ha seguito il cosiddetto care, un training di accettazione, supporto ed empatia. Queste coppie sono state confrontate tra loro e con coppie che hanno seguito un solo incontro di “consapevolezza relazionale” (ra) senza training, e anche con coppie che non hanno ricevuto alcuna preparazione. (Alla fine del post, maggiori informazioni sui tre programmi).

Nell’ottica della prevenzione, sia il prep che il care sono offerti per insegnare e migliorare abilità e risorse dei partner e incrementare così la salute della coppia. D’altro canto, un prospettiva diametralmente opposta suggerisce che i partner posseggano già queste abilità e che sarebbe meglio promuovere la consapevolezza della propria coppia attraverso un costante monitoraggio della relazione. Si ipotizza infatti, che i partner che sono più consapevoli della loro relazione e che si identificano più intensamente con essa farebbero più sforzi, e sforzi più efficaci, per mantenerla. La ra non necessita, quindi, di interventi lunghi e costosi, bensì quotidiani e di basso impatto.
Così i ricercatori hanno chiesto alle coppie ra di guardare ogni settimana un film che parlava, appunto, di relazioni romantiche; dopo di che i partner avrebbero passato circa un’ora a chiacchierare dei temi del film e di questi argomenti riguardo la loro relazione.

I risultati della ricerca sono stati molto interessanti, in quanto tre anni dopo la situazione delle coppie era molto diversa. Le coppie del gruppo di controllo hanno presentato una più alta percentuale di separazione (24%), mentre le coppie dei tre gruppi di intervento hanno evidenziato la stessa, e notevolmente più bassa percentuale (11%). Ma c’è stato anche un risultato inaspettato: i due programmi di training hanno, al contrario delle aspettative, mostrato persino alcune conseguenze negative a lungo termine, a seconda del programma e del genere del partner. Sembra infatti che, come effetto indesiderato, i programmi abbiano inavvertitamente sensibilizzato i partner ad un deficit di risorse nella loro coppia. 

Quale è la conclusione di questo studio?
Come Philip Sutton Chard afferma, lo psicoterapeuta non è un bagnino che corre a salvare, è più un istruttore di nuoto che ricorda ai bagnanti di sbattere le braccia al momento giusto. E, in questo caso, il costo del corso potrebbe essere notevolmente ridotto. Le coppie, le persone, posseggono già le risorse necessarie ad una buona relazione. È dunque importante ricordare loro di usarle, correttamente e regolarmente.



Prevention and Relationship Enhancement Program (prep):  si tratta di un programma educativo che mira al rafforzamento della coppia tramite l’insegnamento di abilità comunicative. Gli argomenti del programma sono, tra gli altri, problem-solving, time out, impegno, sensualità, perdono. Una parte molto importante di questo programma è la tecnica speaker-listener, il cui fine è il rallentamento della comunicazione per garantire che l’opinione e il punto di vista di un partner siano accuratamente esposti e compresi prima di passare a quelli del secondo.

Compassionate and Accepting Relationship through Empathy (care): questo programma è basato sull’Integrative Behavioural Couples Therapy (IBCT; Jacobson / Christensen, 1996) ed è stato realizzato appositamente per questa ricerca; mira a rinforzare la relazione tramite l’insengamento di tecniche di empatia, supporto, compassione, accettazione. Le coppie sono state incoraggiate ad usare un linguaggio appropriato che espliciti comprensione dell’altro, facendo affermazioni con parole accurate e non aggressive.

Relationship Awareness (ra): anche questo programma è stato creato per il presente studio. Come riportato, non sono state insegnate tecniche alle coppie. Ai partner è stato indicato di porre attenzione al loro comportamento nella relazione e sono stati incoraggiati a decidere se questo comportamento era da considerarsi costruttivo o distruttivo. Episodi, eventi, azioni quotidiane e ricorrenti (in particolare quelli rappresentati nei film a tematica romantica) possono essere usati per raggiungere gli obiettivi del programma.



Rogge, R.D, Cobb, R.J., Lawrence, E., Johnson, M.D., Bradbury, T.N. (2013). Is skills training necessary for the primary prevention of marital distress and dissolution? A 3-year experimental study of three interventions. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 81 (6), 949-961.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...