Quest'anno nella mia famiglia mancano due persone importanti, due dei miei nonni. Sono stato tanto fortunato a poter conoscere e passare tanto tempo con tutti e quattro i miei nonni. Ho ben presente in me quanto importanti siano state le cose che mi hanno detto, letto, insegnato. Con quella pazienza e quella relazione che può esserci tra due persone così differenti in età e che si vogliono bene per un legame particolare.
E' ai miei nonni, ai nostri nonni, che dedico il primo post dell'anno 2013.
Invecchiamento
attivo: dall'Italia all'Europa
I miglioramenti nella nutrizione, nella salute e
nell’istruzione e il declino del tasso di fertilità sono tutti aspetti
demografici che hanno ottenuto, combinandosi, l’effetto di un innalzamento
dell’aspettativa di vita (almeno nell’occidente industrializzato) e di
conseguenza un aumento della popolazione in età anziana e senile (Di Prospero,
2004).
Quella dell’anziano, oggi, è una condizione
generalmente con tanti “più”: più salute, più istruzione, più voglia di
vivere. L’obiettivo è di mettere a
frutto questo indubbio vantaggio (Donaggio, 2007) che, se non riconosciuto,
dimenticato o trascurato, potrebbe evidenziare solo i problemi e i disagi
legati a questo inarrestabile cambiamento demografico.
Secondo le ricerche, infatti, l’Europa nel 2025 potrà
vantare ben il 35% di anziani e l’Italia è la nazione dove questo progressivo
invecchiamento della popolazione si presenta con maggiore evidenza. Si può
leggere quindi dai dati l’urgenza di un’azione a livello mondiale. E infatti
L’OMS si è mossa in questa direzione coniando nel 2002 un nuovo termine, active aging (invecchiamento attivo): in
età anziana e senile, la partecipazione continuata alla vita sociale,
economica, spirituale, culturale e civica dà la possibilità di migliorare la propria
qualità di vita (Di Prospero, 2004).
Si è evidenziato che, con il pensionamento, la persona
perde un punto di riferimento molto importante, ovvero l’essere utile
socialmente. Al di là dell’importante mestiere di nonno, infatti, il giovane
anziano di 65 anni si ritrova con una grande quantità di tempo utile che, nella
maggior parte dei casi, impiega in maniera inutile: in pratica, una perdita di
tempo. Questo è dovuto al disorientamento causato dalla perdita di un chiaro
ruolo sociale. Per questo è necessario “una vera e propria educazione al pensionamento, visto che dopo la pensione oggi si possono vivere ancora 20 o 30 anni. E’ assurda quindi una società che non sa sfruttare al meglio tutte queste risorse di esperienza e di vita costruite nel tempo” (Andruccioli, 2007).
L’esperienza, il bagaglio culturale e di vita, la saggezza e l’expertise professionale della persona anziana sono immense risorse sfruttabili ma che anche l’anziano stesso chiede che vengano sfruttate, pena il pericolo di emarginazione sociale e depressione.
L’esperienza, il bagaglio culturale e di vita, la saggezza e l’expertise professionale della persona anziana sono immense risorse sfruttabili ma che anche l’anziano stesso chiede che vengano sfruttate, pena il pericolo di emarginazione sociale e depressione.
Il grande interesse di
fronte al miglioramento della qualità della vita e all’introduzione di uno
stile di vita attivo, soprattutto per fare in modo che l’invecchiamento non sia
un percorso doloroso e peggiorativo, ma sia un processo “di successo” e di
integrazione sociale. Condizione fondamentale per creare tale integrazione è
cambiare il modo di vedere la vecchiaia: se si considera l’invecchiamento come
un progresso, una crescita non solo limitante ma al contrario la possibilità di
fare ricorso a competenze ed esperienze allora sarà naturale vederlo come un
fattore positivo per la crescita di una società matura, pienamente integrata e
a misura d’uomo.
Il Nonno Vigile
Un primo passo verso
il riconoscimento e l’uso delle risorse e del tempo che la persona anziana può
dare è stato fatto a livello comunale con l’istituzione di una figura del tutto
nuova: il nonno vigile. Il servizio di nonno vigile consiste nell’utilizzo di
pensionati per un servizio di sorveglianza fuori dalle scuole primarie e medie
negli orari di entrata ed uscita degli alunni.
Questi sono i vantaggi
più evidenti di un’attività di questo tipo:
·
L’anziano sente
di avere un ruolo ancora attivo nella società, nonostante il pensionamento:
riceve infatti un compenso per il suo lavoro, proprio come negli anni precedenti.
·
Il nonno vigile
continua ad avere rapporti interpersonali di tipo lavorativo sia con i colleghi
che con gli utenti, mantenendo un buon bagaglio di socialità.
·
I bambini sono
portati istintivamente a fidarsi di figure come quelle dei nonni che
significano fiducia, accoglienza, protezione.
·
L’indubbio
vantaggio intrinseco dell’attività, ovvero la protezione dei bambini
nell’uscita da pericoli di ogni tipo.
Si nota, quindi, che
il guadagno è notevole per tutti i soggetti coinvolti e l’obiettivo di active aging è mantenuto.
Il volontariato
L’aspetto economico di
un lavoro è sicuramente un fatto importante. Lo è anche per l’anziano che,
solitamente, vede diminuire le entrate finanziarie con il passaggio al pensionamento.
Di conseguenza il servizio di Nonno Vigile è sicuramente un ulteriore aiuto per
il pensionato, che viene scelto per questo lavoro anche in base al proprio reddito.
Tuttavia non è il
pagamento ricevuto che spinge un anziano a continuare a dare il proprio
contributo, bensì l’aspetto relazionale e l’aspetto della propria utilità
sociale. In questo contesto si inserisce il tema del volontariato, che proprio
nella persona anziana acquisisce un aspetto molto importante. Il volontariato,
come sappiamo, è un’attività non retribuita e svolta in base a un desiderio
personale (Di Prospero, 2007), importante oggi più che mai in quanto coloro che
donavano in passato più di chiunque altro il proprio servizio volontariamente,
le donne, sono sempre più impegnate nel lavoro, mentre la domanda di assistenza
cresce e il costo del personale retribuito pesa sulle finanze dello Stato. Una
ricerca di Chapell, Prince e Zenchunk evidenzia come, dopo i 65 anni, l’aspetto
altruistico del volontariato abbia una rilevanza maggiore che quello egoistico.
Sì perché ovviamente anche il volontariato ha il suo lato egoistico,
rappresentato dalla necessità di mantenere o ampliare la rete di sostegno
informale, il proprio senso di autoefficacia e la consapevolezza del perdurare
di attività (Omoto, Snyder, Martino 2000).
Think Future Volunteer Together
I benefici per
l’anziano volontario, quindi, sono notevoli. Tanto che si è cercato di portare
a un livello più ampio questa idea, oltre i confini del proprio paese, della propria
città e anche della propria nazione. È il caso del progetto “Think Future Volunteer Together”. Scopo
del progetto è promuovere il coinvolgimento attivo degli anziani nel
volontariato in Europa attraverso la realizzazione di un programma di scambi
internazionali. È organizzato e promosso da Spes Centro Servizio per il
Volontariato del Lazio in collaborazione con aziende e associazioni delle altre
nazioni coinvolte.
Coinvolgerà 100
volontari over 55 (con e senza esperienza) provenienti da Slovacchia, Slovenia,
Ungheria, Romania e Italia. Durante i due anni di realizzazione del progetto
ogni partecipante sarà coinvolto nelle attività di volontariato delle organizzazioni
dei paesi partner grazie ad uno stage di 2 settimane preceduto da 3 giorni di
introduzione alla lingua e alla cultura del paese ospitante.
Sulla base
dell’esperienza maturata verrà presentato in una conferenza con le istituzioni
nel 2009 a
Bruxelles un rapporto con la proposta di programmi e azioni per il coinvolgimento
attivo degli anziani nelle attività di volontariato.
Durante la conferenza
stampa si sono evidenziati soprattutto i dubbi riguardo alla troppo breve abituazione
ad un’altra lingua soprattutto per anziani che, a parte l’italiano, non hanno
mai avuto seri contatti con altri idiomi, soprattutto quelli delle nazioni
coinvolte. In realtà, come gli organizzatori hanno avuto modo di spiegare, le
tecniche di abitazione e apprendimento di una nuova lingua utilizzate con i
soggetti più anziani sono le medesime utilizzate per i bambini più piccoli e,
nei loro studi, hanno ottenuto gli stessi ottimi risultati. Non bisogna
comunque dimenticare che, seppure con l’età vi è un progressivo decadimento
della memoria di lavoro, è proprio l’esercizio a rallentare questo decadimento
e comunque la comunicazione interculturale non è fatta solo di parole. In ogni
caso la presenza di interpreti e l’uso di frasi brevi, semplici e standard
risolve qualsiasi problema.
“Think Future
Volunteer Together” nasce dalla constatazione della difficoltà di coinvolgere
nelle attività di volontariato persone adulte e anziane. Difatti i dati confermano
come la fascia d’età più dedita al volontariato è quella degli adolescenti e
dei giovani adulti, per poi perdere quota negli anni dell’adultità, effetto
dovuto anche alla formazione di una famiglia e ai nuovi impegni lavorativi. Il
progetto vuole così dimostrare come l’opportunità della mobilità transnazionale
e lo scambio di buone pratiche possa stimolare l’impegno sociale, portando
benefici sia alla persona che realizza sia alle comunità locali in cui si inseriscono.
Conclusioni
Questi progetti sono inclusi in una serie di
importanti provvedimenti statali ed europei nati dalla convinzione che l’implementazione
del volontariato organizzato non solo favorisce l’aggregazione associativa come
strumento per contrastare i rischi di esclusione sociale e realizzare nuove
opportunità di relazioni, ma realizza grandi benefici per la comunità.
Di conseguenza quello dell’invecchiamento attivo non
va inteso come evento fortuito, un’attività singola e non continua, ma come
impegno costante socialmente riconosciuto
e come risposta alla domanda di tutte quelle persone anziane che sanno e vogliono
rimettersi in gioco per sentirsi parte attiva e protagonista degli assetti
sociali ed economici del proprio Paese.
La sfida maggiore che i governi sono portati ad
affrontare è quella, in conclusione, di abbinare all’inevitabile allungamento
della vita anche attività e impegni lavorativi o di volontariato che diano un
diverso significato alla parola “anziano”, oggi vista soprattutto come vecchio,
inutile, solitario, se non disturbante. Strategico a questo proposito è il
ruolo che gli anziani possono svolgere nell’ambito della società impegnandosi
nei vari contesti che devono rispondere oltre che a motivazioni altruistiche e
partecipative anche a istanze personali di valorizzazione, identità e ruolo sociale, pieno riconoscimento nel
contesto intergenerazionale.
Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà Sociale nella passata legislatura, ha sottolineato come “l’invecchiamento attivo in Italia è il frutto delle lotte operaie e delle politiche di welfare. La terza età in Italia è un fenomeno nuovo ed è un elemento che la società di oggi non ha capito ancora bene si se stessa. Oggi la terza età è sotto attacco, oggetto di aggressioni pesanti dove si tenta di riplasmare di lavoro la vita. Restringere il potere del lavoro sulla vita è fondamentale. Per questo il tempo libero che hanno a disposizione gli anziani è una ricchezza straordinaria, si possono curare e produrre relazioni sociali. Il benessere di un paese non si può misurare più solo in termini di Pil e gli anziani non producono merci, ma relazioni sociali. Quando si è in pensione si può dare un grande contributo a costruire la società e ad arricchirla di relazioni sociali”. Si può parlare quindi di un vero e proprio “servizio civile” degli anziani, che non si sovrappone a quello dei giovani”.
Occorre infine fare un salto qualitativo nel vedere
l’anziano in un’ottica che può andare oltre il ruolo di lavoratore a riposo, per assumere quello di produttore e
costruttore di relazioni e beni sociali nella comunità (Donaggio, 2007).
Riferimenti
Paolo Andruccioli (2007), Socialmente utili, anche da
vecchi, www.dirittiglobali.it
Beatrice Di Prospero (a cura di) (2007), Il futuro
prolungato, Carocci Roma
Cecilia Donaggio (2007), Focalizzazione sulle
opportunità: l’invecchiamento attivo, estratto panel Sottosegretariato di Stato
Grano, Lucidi (2005), Psicologia dell’invecchiamento e
promozione della salute, Carocci Editore
Laicardi, Pezzuti (2000), Psicologia dell’invecchiamento
e della longevità, Il Mulino Bologna
Omoto, Snyder,
Martino (1998), Motivation to Volunteer by Older Adults, in “Psychology and
aging”
Nessun commento:
Posta un commento