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3.8.12

Cosa vuol dire mangiare vegetariano



Per parlare in un blog in maniera completa dell'alimentazione vegetariana, occorre partire dalle informazioni basilari, per poter fare chiarezza e permettere a tutti di capire di cosa si sta parlando.

Come tutti sappiamo, nella dieta onnivora non ci si fa mancare nulla: frutta, verdura, cereali, legumi, semi, frutta fresca e secca, carne, pesce, uova, latte e derivati, come mostrato in questa figura che non indica le quantità ma solamente divide gli alimenti in quattro gruppi.


Nell'alimentazione vegetariana sono esclusi tutti i cibi animali diretti, quindi carne e pesce: niente manzo, maiale, cavallo, uccellame, pesci d'acqua salata e dolce, crostacei, molluschi. Se qualcuno evita di mangiare solo animali di terra, mantenendo quindi nella dieta pesce e frutti di mare, non può dirsi vegetariano.


Nella dieta vegana, invece, non trovano posto nemmeno i cibi animali indiretti: uova, latte e derivati, miele. Questa è la categoria che viene riconsciuta come più radicale ed è anche la meno conosciuta, al punto che qualcuno non sa neppure che si dice "vegano" e non, fantasiosamente, "veghiano" o persino "veganiano" (e sono stati due medici, molto in alto nella gerarchia, a coniare questi due termini, che si creda o no).


Come ricorda la dott.ssa Luciana Baroni, prima ancora di togliere qualcosa, noi la aggiungiamo. Seguendo le linee guida di un'alimentazione adeguata, sana e completa, dovremmo aumentare le quantità di frutta e verdura e utilizzare un'adeguata quantità di cereali integrali e legumi. Inoltre, aggiungeremmo dei cibi che normalmente, nella dieta che solitamente abbiamo in occidente, non utilizziamo o non conosciamo per nulla. E' il caso della soia, un legume che può essere usato proprio come gli altri legumi o nei suoi derivati, ovvero il latte di soia, il tofu (un equivalente del formaggio, ottenuto con la coagulazione del latte di soia) e i preparati di proteine della soia. Oltre a quello di soia, sono in commercio molti altri latti vegetali, come quello di riso e di avena. Infine, oltre all'ottimo olio extra vergine di oliva, vanno riconosciuti molti altri oli, come quello di lino, che hanno numerose proprietà. Tanti ingredienti in più, quindi, che alla fine lasciano poco spazio ai prodotti animali, diretti e indiretti, che contengono elevate quantità di grassi saturi e di proteine animali, che affaticano fegato e reni.

Diverse associazioni ed enti NON di vegetariani, ma di professionisti del campo, ha affermato la validità dell'alimentazione vegetariana, in particolare:

L'Academy of Nutrition and Dietetics è la più grande organizzazione mondiale sul cibo e i professionisti della nutrizione. La sua posizione è la seguente "diete vegetariane adeguatamente pianificate sono sane, nutrizionalmente adeguate e possono fornire benefici fisici nella prevenzione e il trattamento di diverse malattie. Diete vegetariane correttamente pianificate sono appropriate per individui durante tutte le fasi del ciclo di vita, inclusi gravidanza, allattamento, infanzia, adolescenza e per gli atleti."

Come dichiarato anche dal Dipartimento dell’Agricocultura degli Stati Uniti (USDA), le diete vegetariane sono capaci di soddisfare le raccomandazioni per i nutrienti(proteine, carboidrati, grassi, minerali, vitamine e fibre). L’USDA loda le diete vegetariane, affermano che “negli studi prospettici negli adulti,confrontano con modelli alimentari non vegetariani, quelli vegetariani sonostati associati con risultati positivi sulla salute (minore livello di obesità, ridotto rischio di malattie cardiovascolari, minore mortalità totale). Numerose ricerche cliniche hanno documentato che le diete vegetariane abbassano la pressione sanguigna. Questo è facilmente intuibile per una ragione: oggigiorno,le principali cause di morte sono malattie cardiovascolari, tumori e diabete e tutte sono malattie causate soprattutto dalla dieta moderna occidentale, con l’elevat aquantità di grassi saturi e trans, di gran lunga maggiore di quella presente nella dieta di un tempo, che invece privilegiava le fonti nutrizionali vegetali.

Queste indicazioni sono in linea con la nostra amata dieta mediterranea, che nel 2010 è stata proclamata dall'Unesco patrimonio immateriale culturale dell'umanità.






Leggi gli altri articoli sulla dieta vegetariana!

2.8.12

Due mesi per la dieta vegetariana


Ho deciso di dedicare i mesi di agosto e settebre all'alimentazione vegetariana. In molti mi hanno chiesto di approfondire questo argomento e lo faccio con piacere.

Io sono vegetariano dal 2009 e mangio latte (e latticini) e uova solo se non posso farne a meno, per esempio se sono invitato, perché credo che la sensibilizzazione degli altri arrivi anche da un approccio adeguato.
Per quanto riguarda la carne, non l'ho mai mangiata più di tanto anche perché provengo dalla Puglia e lì regna la dieta mediterranea; ma ho avuto anche la fortuna di nascere in una famiglia che ne fa scarso uso.

Cercherò di riunire le ricerche scientifiche e le opinioni professionali mediche per mostrare come una dieta basata solo su alimenti vegetali sia varia, gustosissima ma soprattutto buona, in tutti i senti.
Comincio col riportare che la posizione della più grande organizzazione mondiale sul cibo che raccoglie i professionistri della nutrizione (quindi non è un'organizzazione di parte), l'Academy of Nutrition and Dietetics: le diete vegetariane adeguatamente pianificate sono sane, nutrizionalmente adeguate e possono fornire benefici fisici nella prevenzione e il trattamento di diverse malattie. Sono appropriate per individui durante tutte le fasi del ciclo di vita, inclusi gravidanza, allattamento, infanzia, adolescenza e per gli atleti.

Questa enorme organizzazione conta più di 67.000 membri, la maggior parte dei quali sono dietologi, ma anche ricercatori, educatori, infermieri, fisiatri, farmacisti, ecc.
Ciò significa che una persona, fosse anche un medico, che affermi che l'alimentazione vegetariana/vegana non è sana né adeguata, si scontra con un numero talmente alto di professionisti e di ricerche scientifiche che è un po' come se dicesse che è il sole che gira intorno alla terra: opinione legittima, ma senza alcun fondamento scientifico.

Approfondirò la dieta vegetariana sotto tutti i punti di vista, e in particolare quella legato a:

salute personale
Miti e verità del pasto vegetariano
Cosa vuol dire mangiare vegetariano
Le proteine
Il calcio
Gli acidi grassi 
La vitamina B12
Il ferro e la vitamina C
I benefici psicologici 
Il tumore al colon
I rischi cardiovascolari
Antibiotici inefficaci



benessere dell'animale 
Il trasporto degli animali
Adottare una gallina a distanza 
Gli allevamenti intensivi

l'intero ecosistema
L'impatto degli allevamenti intensivi

altri interventi utili
Progetto europeo "Nutritevi dei colori della vita"
Libri utili sull'alimentazione vegetariana 
Congresso ad Acerno sull'alimentazione
Un finale universale: Carl Sagan 

Se volete intraprendere un'alimentazione vegetariana o avete difficoltà a mantenere la dieta che avete scelto, potete scrivermi e insieme troveremo una soluzione che soddisfi il vostro cuore, il costro corpo e il vostro palato!
Buon appetito!

15.7.12

Depressione e tiroidite: il postpartum

Durante il mio internato al policlinico "Umberto I" di Roma, ho potuto integrare la mia preparazione in psicologia con l'esperienza dell'endocrinologa che mi ha seguito. Dopo una delle visite a cui ho assistito, la dottoressa ha espresso brevemente l'eventuale esistenza di una correlazione tra i problemi alla tiroide che possono seguire il parto e gli episodi di violenza e suicidio tra le giovani mamme che sono spesso riportati nelle cronache.
Mi sono interessato all'argomento e ho fatto una serie di ricerche che mi hanno mostrato come effettivamente i cambiamenti ormonali e la disfunzione tiroidea che avvengono durante il periodo prima e dopo il parto possono, in alcune donne, influenzare lo sviluppo di depressione post-partum. Di seguito un riassunto dello studio di review che ho effettuato sull'argomento con una proposta di studio orientato alla prevenzione basato sui livelli di estrogeni e dopamina:

Depressione postpartum e relazione con tiroidite postpartum
La depressione postpartum (PPD) è un episodio di tipo depressivo che incide su circa il 10- 15% delle donne in seguito alla gravidanza (Cox et al., 1993; O’Hara & Swain, 1999).
La diagnosi riportata dall'American Psychiatric Association (2000) descrive la PPD come una sindrome clinica caratterizzata da un quadro sintomatologico complessivamente equiparabile alla manifestazione tipica di un disturbo depressivo psichiatrico, di natura prevalentemente unipolare o anche bipolare, con sintomi tipici della durata di almeno una settimana e che comportano una certa compromissione delle capacità funzionali della donna, da alcuni mesi fino a due anni (Cramer, 2000):
· umore disforico
· disturbi del sonno
· disturbi dell’appetito
· disturbi psicomotori
· affaticabilità
· senso di colpa e pensieri suicidi
L’etiologia del disturbo sembra essere multifattoriale (O’Hara & Swain, 1999) e comprende aspetti fisiologici, psicologici e sociologici; ricerche recenti (Dennis, 2005; Stewart, 2006) hanno proposto i seguenti fattori di rischio:
· sintomi depressivi e/o ansiosi durante la gravidanza
· recenti eventi di vita stressanti
· mancanza di supporto sociale (percepito o ricevuto)
· conflitti con il coniuge
· precedenti episodi depressivi o familiarità per depressione
· senso di inadeguatezza in quanto madre.
A questi bisogna aggiungere fattori fisiologici. Sia la gestazione che la PPD sono caratterizzati da numerose modificazioni endrocrinologiche: estradiolo e progesterone sono due ormoni etiologicamente coinvolti nella PPD, con il loro aumento prima del parto e declino dopo il parto. Rilevanti sono inoltre le variazioni dell’equilibrio tiroideo, dovute a maggiori livelli di globulina legante la tiroxina (TGB) dipendenti dagli estrogeni, di gonadotropine hCG stimolate dalla placenta e una deficienza di iodio dovuta in parte all’aumento della funzione renale (Bloch, M., Daly, R.C., Rubinow, D.R., 2003). È dimostrato che gli estrogeni aumentano la concentrazione di neurotrasmettitori come la dopamina (DA) (Shepherd, 2001) e che modulano il controllo inibitorio a seconda dei loro livelli durante le diverse fasi del ciclo mestruale: Colzato (et al., 2010) ha osservato che le donne sono meno efficienti nell’inibire risposte aggressive durante la fase follicolare, caratterizzata da maggiori livelli di estradiolo e maggiori livelli di turnover della dopamina. Poiché il livello medio di DA è associato con migliori performance nel controllo cognitivo, una rapida diminuzione di DA, condizione che si verifica durante e dopo il parto, influenza il controllo inibitorio.
La tiroidite postpartum (PPT) è un tipo di infiammazione della tiroide che segue la gestazione. Epidemiologicamente interessa il 5% delle donne entro un anno dal parto. Si manifesta tipicamente con ipertiroidismo iniziale e con successivo ipotiroidismo o rientro nei valori normali.
La causa della PPT sembra essere dovuta a modificazioni del sistema immunitario necessarie nella gravidanza ed istologicamente è una tiroidite linfocitaria subacuta, o di Hashimoto. Il processo regredisce spontaneamente, ma quando vengono trovati anticorpi tiroidei esiste una probabilità alta di sviluppare un ipotiroidismo permanente – circa una donna su 5 (Beers, M.H., Berkow, R., 2007)
Sebbene la relazione tra PPT e PPD rimanga al momento non chiarita, in uno studio recente (Harris, B., Oretti, R., Lazarus, J., Parkes, A., John, R., Richards, C., Newcombe, R., Hall, R., 2002) è stata provata un’associazione tra la positività agli anticorpi tiroidei e la PPD. Tuttavia la somministrazione di tiroxina non ha avuto effetti nella riduzione della PPD.
Dati sperimentali e osservabili suggeriscono che i cambiamenti ormonali e la disfunzione tiroidea che avvengono durante il periodo prima e dopo il parto possono giocare un ruolo per un sottogruppo di donne che sviluppano PPD (Muller, A.F., Drexhage, H.A., Berghout, A., 2001). Uno studio prospettico (Pop, V.J.M., Derooy, H.A.M., Vader, H.L., Vanderheide, D., Vanson, M., Essed, G.G.M. , 1991) di 303 donne incinte con regolare funzionamento della tiroide ha mostrato che il 7% (21 donne) ha sviluppato disordini tiroidei postpartum, e di queste il 38% ha sviluppato sintomi depressivi.
Inoltre, dal concepimento insorge un aumentato stato di immunotolleranza. Una reazione di rimbalzo a questa soppressione immunitaria dopo il parto spiegherebbe l’aggravarsi di sindromi autoimmuni nel periodo successivo al parto, come lo sviluppo della PPT. Basse riserve tiroidee dovute a tiroiditi autoimmuni sono sempre più riconosciute come un serio problema di salute, per tre motivi:
1. La tiroidite autoimmune aumenta la probabilità di aborto spontaneo.
2. Problemi tiroidei dovuti a tiroidite autoimmune possono portare a deficit permanente e significativo delle funzioni neuropsicologiche nel neonato.
3. Emergono prove che, con l’avanzare dell’età, l’ipotiroidismo subclinico (conseguente la PPT) predispone le donne a problemi cardiovascolari.
Dunque occorre considerare la PPT un disturbo non temporaneo e di lieve entità né indipendente da altri disturbi che coinvolgono la donna nel periodo prima e dopo il parto (Muller et al., 2001).
Allo stato attuale della ricerca, possiamo quindi parlare di un rischio di sviluppare depressione postpartum solo per un sottogruppo di donne con problemi tiroidei a seguito della gestazione. Gli studi successivi potranno dunque focalizzarsi sulle questioni riguardo PPD e PPT: meccanismi ormonali rilevanti, caratteristiche genetiche, fisiologiche e psicologiche delle donne sensibili alle alterazioni ormonali, eventuali modificazioni dell’umore in associazioni ad altre modificazioni endocrine (ciclo mestruale, menopausa, ecc.), se può essere alterato l’assetto ormonale del periodo postpartum per prevenire lo sviluppo di PPD nelle donne riconosciute a rischio. Le presenti e ulteriori direzioni di ricerca potrebbero chiarire se l’utilizzo di betabloccanti e tiroxina, terapia della PPT, in concomitanza a interventi e counseling individuale di orientamento cognitivo-comportamentale (che determina effetti positivi rispetto alla riduzione di sintomi traumatici e depressione in situazioni di stress postatale, Gamble et al., 2005, Appleby et al., 1997) possono determinare effetti positivi anche in termini di prevenzione sul rischio di sviluppare PPD.
Si propone un disegno di studio per investigare l’influenza dei livelli di DA sul controllo cognitivo durante e dopo il parto e la possibile correlazione con lo sviluppo di sintomi di PPD.
Per osservare i tempi di reazione, si sottopone un gruppo di gestanti al “Change Task”, una versione rivista dello “Stop Task” di Logan (1994) usato da De Jong (et al., 1995) e Oosterlaan (& Sergeant, 1998). Saranno osservati i tempi di reazione in tre momenti: il primo giorno della 34ª settimana di gestazione (Tempo 1, quando si verifica il picco di estrogeni), dopo 1 settimana (Tempo 2) e dopo 4 settimane dal parto (Tempo 3, l’inizio clinico di PPD). L’eventuale diagnosi di PPD verrà fatta tramite Edinburgh Postnatal Depression Scale (Cox et al., 1987).
L’ipotesi è la seguente: al tempo 3, le donne con bassi livelli di DA ed estrogeni avranno un tempo di reazione inibitoria maggiore e mostreranno una diagnosi di PPD coerente con i criteri sopra menzionati. Livelli di DA ed estrogeni e l’osservazione della performance nei tempi 1 e 2 potrebbero rivelare segnali di un successivo disordine clinico tali da poter prevenire lo sviluppo di PPD.


Riferimenti:

American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and statistical manual of mental disorders Text Revision, Washington, DC.

American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and statistical manual of mental disorders Text Revision, Washington, DC.

Appleby, L., Warner, R., Whittin, A., Faragher, B., (1997). A controlled study of fluoxetine and cognitive behavioural counselling in the treatment of postnatal depression, in British Medical Journal, 314, pp. 932-936.

Beers, M.H., Berkow, R. (2007). Manuale Merck Di Diagnosi E Terapia, Cortina Raffaello.

Bloch, M., Daly, R.C., Rubinow, D.R., (2003). Endocrine Factors in the Etiology of Postpartum Depression, in Comprehensive Psychiatry, 44-3, pp 234-246.

Bloch, M., Daly, R.C., Rubinow, D.R., (2003). Endocrine Factors in the Etiology of Postpartum Depression, in Comprehensive Psychiatry, 44-3, pp 234-246.

Colzato, L. S., Hertsig, G., Van Den Wildenberg, W. P. M., Hommel, B. (2010). Estrogen modulates inhibitory control in healthy human females: evidence from the stop-signal paradigm. Neuroscience, 167, 709-715.

Cox, J.L., Holden, J.M., and Sagovsky, R., (1987). Detection of postnatal depression: Development of the 10-item. Edinburgh Postnatal Depression Scale. British Journal of Psychiatry 150:782-786 .

Cox, J.L., Murray, D. e Chapman, G. (1993). A controlled study of the onset, duration and prevalence of postnatal depression, in British Journal of Psychiatry, 163, 27-31.

Cox, J.L., Murray, D. e Chapman, G. (1993). A controlled study of the onset, duration and prevalence of postnatal depression, in British Journal of Psychiatry, 163, 27-31.

Cramer, B. (2000). Cosa diventeranno i nostri bambini?, Raffaello Cortina Editore, Milano

Dennis, C.L., (2005). Psychosocial and psychological intervetions for prevention of postnatal depression: sistematic review, in Evidence Based Mental Health, 8-4, p. 108.

Gamble, J., Creedy, D., Moyle, W., Webster, J., Mcallister, M., Dickson, P., (2005). Effectiveness of a Counseling Intervention after a Traumatic Childbirth: A Randomized Controlled Trial, in Birth, 32, pp. 11-19.

Harris, B., Oretti, R., Lazarus, J., Parkes, A., John, R., Richards, C., Newcombe, R., Hall, R., (2002). Randomised trial of thyroxine to prevent postnatal depression in thyroid-antibody-positive women, in British Journal of Psychiatry, 180, pp.327-330.

Muller, A.F., Drexhage, H.A., Berghout, A. (2001). Postpartum thyroiditis and autoimmune thyroiditis in women of childbearing age: recent insights and consequences for antenatal and postnatal care, in Endocrine Reviews, 22-5, 605–30.

O’Hara MW, Swain AM. (1999). Rates and Risk of postpartum depression – a metaanalysis, in International Review of Psychiatry; 8:37-54.

O’Hara MW, Swain AM. (1999). Rates and Risk of postpartum depression – a metaanalysis, in International Review of Psychiatry; 8:37-54.

Pop, V.J.M., Derooy, H.A.M., Vader, H.L., Vanderheide, D., Vanson, M., Essed, G.G.M. (1991). Postpartum thyroid dysfunction and depression in an unselected population, in New England Journal of Medicine, 324, pp.1815-1816.

Shepherd, J. E., (2001). Effects of Estrogen: Estrogen and the Brain, American Pharmacists Association, 41(2).

Stewart, D.E., (2006). Perinatal depression, in General Hospital Psychiatry, 28-1, pp.1-2.

28.5.12

Piatti e bicchieri di platica? Ammessi al riciclo!

Quasi come in una lunga carriera, finalmente a piatti e bicchieri di plastica è stata concessa una promozione, una di quelle di prestigio, che cambia la vita. Da ora in poi, questi nostri utili "amici" di cene e pranzi tra amici non andranno più ad accumulare i sacchi negli inceneritori ma quelli della plastica di riciclare. Ebbene sì.
Inutile commentare la valenza per l'ambiente e, quindi, per noi.
Due sole accortezze:
1) pulire i piatti, magari con i tovagliolini di carta che sicuramente gli sono stati accoppiati. Per i bicchieri, basta che siano svuotati dei loro liquidi.
2) ricordiamo che è sempre meglio non produrre affatto rifiuti da gettare. Quando possibile, utilizzare stoviglie lavabili e riutilizzabili. Di lavaggio di piatti non è mai morto nessuno, a parte il pigro, ehehe!


fonte: http://www.altroconsumo.it/vita-privata-famiglia/nc/news/piatti-e-bicchieri-di-plastica-al-via-la-differenziata

21.4.12

Il digiuno: uno sguardo veloce


Secondo il libro sul crudismo di cui ho parlato nel post precedente, prima di intraprendere una dieta crudista occorre purificare il corpo con il digiuno.
Ebbene, ho letto qualcosa su internet per aumentare la mia conoscenza sull'argomento. Due sono le scuole di pensiero: fa male, fa bene.
La scuola del "fa male" afferma che un digiuno prolungato innescherebbe la gluconeogenesi: lipidi e proteine del corpo verrebbero utilizzare per ottenere il glucosio, che è necessario per mantenere i valori glicemici nella norma. Stiamo parlando della benzina di base che viene bruciata dal corpo umano per creare l'energia necessaria alle sue funzioni, dalle più semplici e indispensabili alle più complesse.
Le scorte di glicogeno, fonte di energia, pare si esaurirebbero nel giro di una giornata. In conclusione, un digiuno troppo rigido e prolungato avrebbe un effetto dannoso per il nostro organismo, in quanto, come sistema di allarme, la "massa magra, verrebbe intaccata per convertire le proteine in energia (con conseguente sovraccarico epatico), e allo stesso scopo verrebbero utilizzati anche i grassi (effetto dimagrante), con conseguente accumulo di corpi chetonici, ovvero scorie. Prima di entrare in chetosi il corpo continua a cercare glucosio, quindi ci si sente stanche, nervosi, sempre affamati... Una volta attuato lo schift metabolico cominciano a produrre chetoni, unico nutrimento per il cervello.

La scuola del "fa bene" afferma invece che serve a disintossicarsi, una specie di reset per stomaco, intestino, fegato e pancreas. Per la scuola igienista di Herbert Shelton un digiuno prolungato non solo farebbe bene, ma addirittura guarirebbe da molte malattie, incluse alcune di quelle considerate incurabili, come i tumori per esempio. E questo, grazie al processo di autolisi cellulare, che provocherebbe piano piano il progressivo "rinnovo" dei tessuti interni, e la conseguente purificazione e disintossicazione dell'intero organismo. Infatti, gli effetti "pericolosi" descritti sopra si avrebbero molto ma molto lontano nel tempo, in un digiuno veramente molto prolungato, che vada oltre i sei mesi per esempio (per un uomo di 70 kg, mediamente oltre i 100 giorni). Non prima. Questo, perché secondo loro le "riserve umane" sarebbero di gran lunga superiori a quelle sospettate e descritte dall'odierna medicina.

Bastano 2 o 3 giorni per eliminare le tossine (sarà evidente dal più forte odore del sudore e dell'alito), l'importante è che il digiuno comporti l'assunzione di almeno 2 litri di liquidi al giorno: acqua, centrifugati di frutta e verdura. Dopo questo periodo, riabituare gli organi alla digestione con gradualità, proseguendo con un paio di giorni di succhi e frullati molto liquidi di frutta e verdura e, in seguito, l'inizio della dieta crudista.

E in questi giorni arroventati, di certo preferiamo un centrifugato di albicocche, arancia, cetriolo, spinaci che una bistecca ai ferri, ne sono certo.

5.4.12

Crudismo!

Tempo fa sono venuto a contatto con un tipo di alimentazione che, potremmo dire, è vegana con un salto in più: il crudismo o, in inglese, raw foodism.
Cosa mangia un crudista: mangia solo frutta, verdura, germogli e semi. Questo lo fa anche un vegano. La particolarità sta nel fatto che, come dice la parola stessa, il crudista mangia... tutto crudo! Non cuoce nulla di nulla e, al massimo, essicca le sue preparazioni per fare in modo che evapori tutta l'acqua e si ottenga un prodotto secco di consistenza più dura e facilmente conservabile per mesi, ma mai sopra i 40° C.

Perché l'essere umano dovrebbe cibarsi di sola roba cruda, per di più esclusivamente vegetale?
Beh, le motivazioni del non mangiare animali sono le stesse del vegetarianismo (che affronterò nei prossimi giorni). In più, il crudismo parla di un'alimentazione più vicina possibile a quella che un essere umano, ora come ai suoi albori, seguirebbe se fosse posto in un ambiente naturale: ci ciberemmo soprattutto di frutti, di qualche pianta, non avremmo la possibilità di cucinare nulla.


Tra i vari libri che ho letto, questo è quello che ha un taglio sia commerciale che scientifico:



Momentè, S., Cargnello, S. (2007). Solo Crudo. Cucina naturale integrale. Cesena, Macro Edizioni.

Buona lettura :)

15.3.12

Carta Igienica a GoGo

Molti non pensano che la differenza si può fare ogni giorno anche in piccoli semplici (e necessari) gesti quotidiani come usare la carta igienica.
E' una necessità comune a tutti noi, lo facciamo numerose volte al giorno e spesso ne abusiamo. Come in generale di tutte le cose a basso prezzo e in grande quantità.
Tenendo conto che in media ogni persona consuma ogni giorno circa 22 strappi, buttiamo quotidianamente giù nello scarico circa 3 metri e mezzo di carta. Quella, ovviamente, non si può riciclare.

Però, guardando a monte, si può arginare questo spreco di cellulosa e questo eccesso di inquinamento.

Le opzioni sono due:
1) la più frequente è acquistare le confezioni da 40 rotoli di carta igienica, oppure rotoli dichiaratamente "lunghi più del doppio". In questo modo si limita l'uso di plastica da imballaggio e/o l'uso del cartoncino interno del rotolo, con un notevole risparmio di emissioni dannose per l'ambiente e per noi.
2) l'opzione migliore è acquistare confezioni di carta igienica prodotta con materiali riciclati. In questo modo non sarà necessario abbattere altri alberi per ripulirci il sedere.

Interessato all'argomento e non più soddisfatto dai rotoloni, mi sono recato al supermercato e ho iniziato ad investigare.
Io sono un affezionato osservatore delle etichette dei prezzi con sopra specificato il prezzo al litro o al chilo, così da poter far debiti confronti. Purtroppo per la carta igienica non vale il d.l. 84/2000 che obbliga i venditori a indicare anche il prezzo al chilo oltre a quello del prodotto.
Fare il confronto così è molto difficile. Poche sono, infatti, le marche che sulla confezione specificano il numero di strappi.
Grazie a paziente ricerca, ho potuto prendere i prezzi di alcune marche che più mi son sembrate indicative e vicine alle esigenze ecologiche.

Scopro così che, se non voglio carta riciclata perché adoro il bianco splendente e la morbidezza da seta, i rotoloni più convenienti sono Auchan Maxi rotoli da 8 pezzi.

Se invece non voglio inquinare con il cloro sbiancante e il mio culetto non è viziato ma si accontenta della più che soddisfacente morbidezza riciclata, allora i rotoli Eco-Logici Coop sono i più convenienti. Se non potete recarvi alla Coop, allora scegliete Grazie Eco Lucart, che ha ben 720 strappi per ogni rotolo.
Per quanto Lucart ci possa sembrare costosa, è sempre più conveniente e assai meno inquinante della Tenderly Kilometrica. Perché dobbiamo farci furbi: quello che crediamo di non pagare al momento, lo paghiamo in altri modi: salubrità dell'aria, disboscamento, inquinamento delle acque. Come per la dipendenza da nicotina (sigarette), le conseguenze non sono immediatamente visibili. Ma avvengono. Quindi meglio allenare la nostra memoria e attenzione a lungo termine e comprare carta igienica responsabilmente.

Ora che lo sapete, scegliete.

Ps-"riciclato", in questo caso, non significa che la carta igienica che useresti proviene da carta igienica usata! :)
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