Pensate ad
una bella nuotata in un lago pulito, incontaminato, circondato dalla
vegetazione, con l’acqua di un bel colore naturale...
Pensate ad
una piscina pubblica, con l’odore di cloro, il colore asettico della
costruzione e il blu innaturale dell’acqua.
In quale
ambiente vi piacerebbe immergervi e concedervi un’ora di sana attività fisica
e/o rilassamento? Potete commentare alla fine del post, ma sono sicuro che la
maggior parte di voi preferirebbe il primo scenario. E come darvi torto?!
Eppure siamo
tutti abituati alle piscine con quel pungente odore di disinfettante che tanto
bene non fa, seppure ci immergiamo completamente in esso. Secondo Greenpeace, i
già alti livelli di cloro contenuti nell’acqua delle piscine sarebbero comunque
non efficaci per depurarla, anzi: i sottoprodotti del cloro che si formano sono
tossici per mucose e occhi e sono stati ritrovati nel sangue di chi frequenta
questi luoghi regolarmente. Non proprio un bagno di salute.
Esistono
altri metodi, molto più salutari, di disinfezione dell’acqua, come l’impiego di
ozono e/o raggi UV. Purtroppo, seppure più efficaci e molto meno inquinanti, hanno
anche costi elevati. E, comunque, dobbiamo garantire l’igiene delle acque dove
centinaia di persone vanno a fare il bagno. Acque che non possono essere
cambiate di continuo (come avviene per l’acqua del mare), per una ovvia ragione
di costi. E anche di spreco di acqua, ci aggiungo io.
Quali
alternative esistono, dunque, per poter avere una piscina pulita, igienica e
allo stesso tempo ecosostenibile? Esistono le biopiscine? Sì, esistono. Vediamo
come funzionano.
Troviamo tre
vasche che formano il sistema:
vasca di
balneazione – è quella principale, dove possiamo fare il bagno e goderci il
contatto con un’acqua pulita e senza odori;
vasca di
filtraggio – niente cloro, ma la presenza di particolari piante il cui ciclo
vitale ripulisce l’acqua;
vasca di
rigenerazione – facoltativa, grazie a dei sassi appositamente predisposti, l’acqua
di questa vasca è riscaldata.
Quali piante
vengono utilizzate in questo sistema depurante?
Il nome di
queste piante è macrofite acquatiche,
delle quali la più impiegata in Europa è Phragmites
Australis (foto sopra): questa pianta è estremamente comune e la sua attività biologica
estremamente efficiente ne fanno la regina degli impianti di fitodepurazione. Detta
anche “cannuccia di palude”, la Australis
funge da vera e propria pompa di ossigeno, trasferendo ossigeno dalla
superficie alla rizosfera (porzione di suolo intorno alle radici): la presenza
di ossigeno e la successiva nitrificazione letteralmente ripuliscono l’acqua.
Altre piante
della stessa specie sono la Carex
Aquatilis, la Scirpus, Schoenoplectus
lacustris o Lisca lacustre e la Caltha
palustris. Tutte queste piante hanno il pregio di creare un habitat ideale
per quei microorganismi che si cibano del materiale organico che naturalmente
si forma nei ristagni di acqua naturale.
La presenza
di piante, un’acqua pulita, inodore e incolore, più la presenza di cascatelle
(che garantiscono una buona ossigenazione dell’acqua) e una forma non squadrata
(comunque facoltativa) creano un ambiente vivo, un angolo di natura in cui
immergersi, un modo intelligente di modificare il paesaggio.
Le biopiscine sono relativamente economiche: costano intorno a € 700 per metro quadro e non
necessitano di svuotamento per la manutenzione, evitando un enorme spreco di
acqua; non offrono un habitat favorevole per le zanzare, in quanto l’acqua è in
movimento e sempre pulita; sono ecosistemi naturali di cui potrete godere tutto
l’anno, stagione dopo stagione.
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