Grazie anche al diffondersi dei social network, i cosiddetti advergames
stanno diventando sempre più diffusi. Essi sono giochi piuttosto semplici, con
una grafica accattivante e cartoonesca, che pubblicizzano dei prodotti. Un esempio è dato da questo gioco dell’equivalente
olandese della Cameo: http://www.oetker.nl/fun/dr-oetker-keukenspel/
Ci si trova in una specie di ristorante in cui bisogna cucinare per i
clienti che arrivano sempre più numerosi. Nemmeno a dirlo, i prodotti da
cucinare sono quelli della ditta.
Essendo questo un tipo di pubblicità, ha un’influenza sulle intenzioni
di acquisto dei soggetti che utilizzano il gioco, come cercano di fare gli
annunci promozionali durante un programma o nell’intervallo. Se, tuttavia,
pensavate di poter utilizzare questa come un’arma a vantaggio di un
comportamento salutare, dobbiamo spegnere le vostre speranze.
Alcuni
ricercatori dell’Università di Amsterdam hanno svolto una ricerca al proposito
coinvolgendo 270 bambini di età compresa tra otto e dieci anni. Il gruppo è
stato diviso in quattro sottogruppi creando differenti condizioni:
Il gruppo A ha giocato con un advergame che pubblicizzava caramelle.
Il gruppo B ha giocato con un advergame che stimolava il consumo di
frutta.
Il gruppo C ha giocato con un advergame che pubblicizzava giocattoli.
Il gruppo D era il gruppo di controllo, in cui i bambini non avevano
alcun gioco.
Dopo il gioco, i bambini hanno potuto scegliere di mangiare senza
limitazioni il cibo contenuto in alcune ciotole, alcune delle quali contenevano
frutta e altre caramelle. La sorpresa poco gradita è arrivata quando, alla
lettura dei risultati, i ricercatori hanno scoperto che i bambini dei primi due
gruppi mangiavano più caramelle, indipendentemente dal prodotto pubblicizzato
durante il gioco.
Racconterò un aneddoto personale. Una sera, dopo cena, io e i miei
amici abbiamo deciso di guardare il documentario Super Size Me, che parla
degli effetti nocivi di un uso sconsiderato e ripetuto del fast food, in
particolare del McDonald’s. Nel film venivano illustrati tutti i cambiamenti (in
peggio) fisici e psicologici del regista/attore/cavia che ha mangiato per un
mese solo ed esclusivamente nei fast food, scegliendo sempre il menù Super Size
(panino, porzione grande di patatine e 2 litri di bevanda come Coca Cola)
quando proposto dalla cassiera. Mentre guardavamo i tragici effetti su peso,
forme del corpo e libido del protagonista, io e i miei amici abbiamo sentito
una irresistibile voglia di andare al McDonald’s più vicino e mangiare uno di
quei panini incriminati. Evidentemente la pubblicità incessante, unita ai
sapori volutamente ghiotti dei cibi spazzatura (che abbondano in sale, zucchero,
grasso, ecc.), è entrata nella nostra mente in maniera sottile ma decisa. Il
risultato è che, alla prima fame, spesso provocata dalla visione stessa dei
prodotti, il cibo a cui ci rivolgiamo è quello veloce, colorato ed estremamente
saporito di cui il nostro cervello e i nostri occhi hanno bisogno. E la maggior
parte delle volte è facile trovare in casa un “fast food” pronto a soddisfare
la nostra esigenza. O quella dei nostri bambini.
Folkvord, F., Doedschka, J.,
Anschütz, D.J., Buijzen, M., Valkenburg, P.M. (2013). The effect of playing advergames that promote
energy-dense snacks or fruit on actual food intake among children. The American Journal of Clinical Nutrition,
97(2), 239-245.
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