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“Mindfulness” è una parola che senza dubbio avrete sentito o letto molto
spesso. È infatti una tecnica molto in auge in questo periodo. Nel corso dei
miei studi ho approfondito gli effetti positivi della mindfulness soprattutto
in ambito ospedaliero, per esempio nel caso di pazienti con un attacco di
panico o ansia.
Ma vediamo più in particolare di cosa stiamo parlando. La cosiddetta “meditazione
di consapevolezza” aiuta le persone a ridurre il ricorso a strategie cognitive
e comportamentali tese ad evitare, in maniera disfunzionale, aspetti
dell’esperienza ritenuti indesiderabili (Kabat-Zinn, 2005). Una conseguenza della
mindfulness è proprio comprendere che i pensieri, le sensazioni e le emozioni
sono continuamente fluttuanti, transitori. In questo senso, anche il dolore, le
attivazioni fisiologiche dell’ansia o dell’attacco di panico non sono immutabili
o permanenti.
È stato verificato che il programma Mindfull-based Stress Reduction (MBSR)
è associato a numerose conseguenze a livello biologico (cervello e sistema
immunitario) rilevanti per la salute psico-fisica: riduce la frequenza degli
attacchi di panico e del comportamento evitante nel disturbo da attacchi di
panico (Miller, Fletcher, Zabat-Zinn, 1995); riduce lo stress e migliora il
benessere emotivo in campioni non clinici (Shapiro, Shwartz, Bonner, 1998;
William Kolar, Reger, Pearson, 2001); in pazienti con malattia cronica migliora
l’alterazione dell’umore e, in particolare, nelle sotto-scale di depressione,
ansia e rabbia (Speca, Carlson, Goodey, Angen, 2000).
Un’osservazione continuativa e non giudicante delle sensazioni correlate
all’ansia, senza mettere in atto tentativi di fuga o comportamenti di
evitamento, può ridurre la reattività emotiva tipicamente sollecitata da
sintomi ansiosi: sono solo pensieri e non il rispecchiamento fedele della
realtà. Quindi non sono necessari comportamenti di fuga o di evitamento.
In due ricerche di quest’anno (Fox, Zakarauskas, Dixon, Ellamil,
Thompson, Christoff, 2012; Murakami, Nakao, Matsunaga, Kasuya, Shinoda, Yamada,
Ohira, 2012.) sono stati osservati degli effetti molto particolari della
mindfulness: le persone che da tempo hanno esperienza di mindfulness hanno un’immagine
più accurata del proprio corpo e riescono a percepire con più precisione le sensazioni
provenienti dalle varie parti del corpo rispetto ai neofiti di questa tecnica o
chi non ne ha mai fatto esperienza; inoltre, ci sono stati dei cambiamenti
strutturali misurabili nei loro cervelli.
Ho sperimentato la tecnica della mindfulness in occasione del Corso di
mindfulness esperienziale tenuto presso l’Istituto A.T.Beck (Roma) dalla
dott.ssa Antonella Montano, direttrice dell’istituto. Il corso era strutturato
in 4 incontri mensili a cadenza settimanale della durata di 2 ore ciascuno.
Le lezioni si tenevano in una stanza tranquilla e silenziosa, con luce
soffusa, nella quale erano disponibili diversi cuscini su cui sedersi in ordine
sparso. La dott.ssa Montano ci ha spiegato le origini della mindfulness
all’interno della dottrina buddhista e, in particolare, la pratica vipassana (chiara visione) che mira a
sviluppare la massima consapevolezza di tutti gli stimoli sensoriali e mentali.
Ci ha inoltre illustrato le applicazioni della mindfulness nella psicoterapia
cognitivo-comportamentale con la creazione della Mindfulness-Based Cognitive
Therapy (MBCT), il cui approccio consiste in una modificazione del protocollo
MBSR: si apprende a cambiare l’atteggiamento di base verso il flusso di
pensieri, indipendentemente da quello che viene realmente pensato. La
dottoressa ci ha spiegato che questa pratica deve essere sviluppata ogni giorno
e che solo in questo modo è possibile arrivare ai 45 minuti di meditazione
continuata; tuttavia anche sperimentare per una volta sola influisce
immediatamente sul benessere psico-fisico.
·
È necessario quindi trovare un posto lontano da
rumori e distrazioni, spegnere il cellulare e sedersi in una posizione definita
dignified position: testa, spina
dorsale e collo devono essere allineati e il bacino deve essere più elevato
delle ginocchia. In questa posizione, infatti, si evitano fastidiose, dolorose
e disadattive compensazioni muscolari che potrebbero sia essere dannose che
inficiare la stessa esecuzione della tecnica.
·
Un attacco di panico o un attacco d’ansia sono
generalmente accompagnati da determinati correlati soggettivi e somatici: paura
di morire, di perdere il controllo, tachicardia, palpitazioni, senso di
soffocamento, dispnea (Biondi, Carpiniello, Muscettola, Placidi, Rossi,
Scarone, 2009). Il respiro è quindi fortemente legato ai nostri stati mentali.
La mindfulness basa la propria tecnica sul respiro consapevole. Dopo aver
assunto la dignified position,
chiudere gli occhi, fare tre respiri profondi per preparare la concentrazione.
Quindi cominciare a respirare normalmente. È importante che non si controlli il
respiro perché bisogna essere semplici osservatori della respirazione:
percepire le sensazioni fisiche come il fresco dell’aria che si avverte
nell’inspirazione, il calore dell’espirazione, il torace o l’addome che si
gonfiano e sgonfiano. Questo tipo di osservazione produce automaticamente un
effetto calmante fin dalle prime esperienze, in quanto si distoglie
l’attenzione dal circuito frenetico delle idee che producono agitazione e
stress.
Seppure la pratica della mindfulness è per tutti, sono comuni alcuni problemi che
si possono incontrare:
§
I pensieri si riversano in un flusso che prende
il sopravvento senza che nemmeno ce ne accorgiamo, soprattutto in uno stato di
ansia. Quello che bisogna fare, appena ripresa coscienza, è spostare
gentilmente l’attenzione di nuovo sul respiro. Non bisogna perdere la calma,
anzi conservare la pazienza e ogni pensiero diventa quindi una nuvola
passeggera e non si concatena ad un altro pensiero.
§
Rimanere fermi a lungo può comportare sensazioni
spiacevoli di formicolii, intorpidimenti muscolari, sonnolenza. Occorre
trattare queste sensazioni come i pensieri: osservarli e riportare l’attenzione
al respiro, in quanto quella sensazione, raggiunto l’acme, tende poi a scomparire
lentamente. Solo se il dolore è insopportabile, allora cambiare lentamente e consapevolmente
posizione. Tuttavia è sconsigliato, in quanto si tenderebbe a farlo
ripetutamente e occorre invece apprendere che non c’è bisogno di sfuggire al
malessere: si può rimanere calmi anche quando le cose non vanno come vorremmo,
dato che sono passeggere.
§
Durante la pratica, può sopraggiungere la noia.
Questo significa che non si sta più percependo la realtà ma si stanno
formulando giudizi su quello che sta accadendo. Riportando l’attenzione alle
sensazioni del respiro si opera un’osservazione di modificazioni fisiologiche a
cui normalmente non diamo ascolto e che, al contrario della noia, donano
un’esperienza totalmente nuova.
Riferimenti:
Biondi, M., Carpiniello, B., Muscettola, G., Placidi, G., Rossi, A.,
Scarone., S. (2009). Manuale di psichiatria.
Elsevier, Milano.
Fox, K.C.R., Zakarauskas, P., Dixon, M., Ellamil, M., Thompson, E. & Christoff,
K. (2012). Meditiation Experience Predicts Introspective Accuracy. PloS ONE,
7(9), e45370, doi:10.1371/journal.pone.0045370.
Kabat-Zinn, J., (2005). Vivere
momento per momento. Corbaccio, Milano.
Miller, J.J., Fletcher, K., Kabat-Zinn, (1995). Three-year follow-up and clinical implications of a
mindfulness meditation-based stress reduction intervention in the treatment of
anxiety disorders. General Hospital
Psychiatry, 17, 192-200.
Murakami, H., Nakao, T.,
Matsunaga, M., Kasuya, Y., Shinoda, J., Yamada, J. & Ohira, H. (2012). The
Structure of Mindful Brain. PLos ONE, 7(9): e46377. doi:10.1371/journal.pone.0046377.
Shapiro, S.L., Shwartz, G.E.,
Bonner, G. (1998). Effects of mindfulness-based stress reduction on medical and
premedical students. Journal of
Behavioural Medicine, 21, 581-599.
Speca, M., Carlson, L.E.,
Goodey, E. & Angen, M. (2000). A ranzomized, wait-list controlled clinical
trial: The effect of a mindfulness meditation-based stress reduction program on
mood and symptoms of stress in cancer outpatients. Psychosomatic Medicine, 62, 613-622.
Williams, K.A., Kolar, M.M.,
Reger, B.E. & Pearson, J.C. (2001). Evaluation of a wellness-based
mindfulness stress reduction intervention: A controlled trial. American Journal of Health Promotion,
15, 422-432.